La scure di Moody’s si abbatte inesorabile anche su Acea. L’agenzia di valutazione statunitense ha infatti comunicato di aver declassato il rating di lungo termine della municipalizzata romana da “Baa1” a “Baa2”, mantenendolo “sotto osservazione”. La modifica del giudizio, ha spiegato Moody’s, “fa seguito alla revisione al ribasso del rating sul debito sovrano della Repubblica italiana, disposta recentemente dalla stessa agenzia”. Il downgrade del rating sovrano del 13 giugno scorso ha infatti innescato un previsto e temuto effetto domino al quale in pochi sono riusciti a sottrarsi: l’agenzia ha affondato il colpo su 23 enti locali, fra cui 14 Regioni e quattro città capoluogo, la stessa Acea, tre istituzioni finanziarie e dieci banche. Questo, ha poi fatto sapere Moody’s in una nota, “indica che il governo potrebbe non essere in grado di fornire supporto finanziario alle banche in difficoltà”. Tra i primi a commentare e a rispolverare le recenti polemiche su Acea c’è Antonio Stampete, consigliere capitolino del Pd, secondo cui “il taglio del rating è la conferma che le scelte dell’amministrazione Alemanno incidono in modo negativo sul rendimento della più importante società che porta utili alle casse del Campidoglio. Ciò significa che una vendita di quote dell’azienda partecipata sarà ancor meno redditizia del previsto. Basta con questa scelta scellerata che procurerà ulteriori danni al Comune di Roma. Alemanno ritiri la delibera 32”. Dichiarazioni che trovano d’accordo anche Dario Nanni, consigliere del Pd in Campidoglio: “Il declassamento di Acea – ha commentato – è l’ennesima bocciatura della politica della giunta Alemanno. Procedere ora ad una svendita di parte del pacchetto azionario sarebbe un regalo troppo interessato per non essere sospetto. Alemanno ritiri la delibera 32 e si discuta finalmente di bilancio”.



A replicare per il Pdl ci pensa invece Federico Guidi, presidente della commissione Bilancio di Roma Capitale: “Sfugge a una sinistra tanto superficiale quanto inattendibile, come la modifica sul giudizio di merito su Acea da parte di Moody’s faccia seguito alla revisione al ribasso del rating sovrano della Repubblica italiana, e che i declassamenti per le principali aziende italiane prodotti da detta agenzia erano nell’aria come conseguenza del declassamento statale”. Tutta la questione, secondo Guidi, è legata “all’ansia di criticare il sindaco di Roma. Il Pd, invece di difendere una delle aziende romane più importanti dal giudizio di una delle più criticate agenzie di rating sottoposta per altro ad indagini giudiziarie, ne sposa in maniera vergognosa le risultanze senza il necessario approfondimento”.



Alla luce delle novità, IlSussidiario.net analizza l’intera vicenda insieme a Antonio Massarutto, docente di Politica economica ed Economia pubblica presso l’Università di Udine: «Il declassamento del rating sovrano da parte di Moody’s ha generato una serie di tagli a cascata su enti locali e società controllate sotto cui è finita anche Acea, il cui rating in passato risentiva proprio del fatto di essere di proprietà del Comune di Roma. E’ ovvio che in un momento come quello attuale ogni ente locale, amministrazione o azienda pubblica sia strettamente collegata a ciò che accade al rating sovrano di un Paese quindi, quando si assiste a un taglio del genere, inevitabilmente ci rimettono tutti». Il professor Massarutto ci conferma che, dopo il declassamento operato da Moody’s, il prezzo delle quote di Acea “è ovviamente diminuito quindi, vendendole, il Comune di Roma otterrà una cifra decisamente inferiore rispetto a quella prevista fino a pochi giorni fa. Ed è proprio su questo aspetto che si concentrano le attuali maggiori polemiche».



In caso di vendita, le quote potrebbero essere acquistate dalla Cassa depositi e prestiti (Cdp) che però è a sua volta un soggetto pubblico, costretto quindi a «dover seguire minuziosamente le regole e a riferirsi obbligatoriamente a quelli che sono i valori reali di mercato. Per questo motivo, anche volendo, non potrà pagare le quote di Acea più di quello che realmente valgono, altrimenti produrrà un danno erariale. Bisogna però sottolineare che la valutazione dell’agenzia di rating non deve necessariamente essere considerata una costrizione, quindi potrebbe anche esserci un privato disposto a pagare qualcosa di più».

Il professor Massarutto conclude offrendo la propria opinione a riguardo: «Se un’operazione del genere ha l’obiettivo di valorizzare un bene patrimoniale, in assenza di particolari altri vincoli sinceramente non credo che le quote di Acea debbano essere vendute. Credo proprio che non sia il momento di liberarsi di beni come questo che il mercato comprerebbe a saldo».

 

(Claudio Perlini)