Assenza di un posto fisso, affitti tra i più alti d’Italia e politiche pubbliche che stentano ad affrontare un’emergenza mai così grave eppure troppo spesso poco considerata. La precarietà giovanile risulta dunque essere non solo occupazionale ma anche abitativa e, a Roma, sono sempre più numerosi gli under 35 che, non potendosi permettere di pagare 400-500 euro al mese per una singola stanza, scelgono di occupare uno stabile e vivere nell’illegalità. Soluzioni sulla carta esistenti come il mutuo sociale, il Piano Casa modificato e recentemente approvato in Consiglio regionale e l’housing sociale alla fine dei conti si rivelano in gran parte inefficaci. IlSussidiario.net ne ha parlato con l’architetto Loreto Policella.



Cosa può dirci di questa emergenza giovanile?

La cosiddetta “precarietà abitativa” certamente esiste, in particolare a Roma. Se pensiamo che per affittare una stanza singola, magari anche in periferia, un giovane deve spendere dai 300 ai 600 euro al mese è chiaro che la situazione non è delle più rosee. Questo è un dato oggettivo, però troppo spesso nel dibattito su questo argomento si evita di considerare quello che ritengo essere il problema di fondo dell’intera questione.



Quale?

L’assenza di un’offerta adeguata alla domanda esistente che, come in tutte le situazioni di mercato, produce un forte incremento del costo degli affitti. A Roma è evidente la presenza di una grande quantità di alloggi sfitti, non utilizzati e opportunamente sottratti al mercato degli affitti che permette a chi ne ricava i maggiori interessi di mantenere un’offerta contenuta e un prezzo costantemente molto alto. E’ questo l’aspetto e la causa principale dell’emergenza.

Come giudica invece il fenomeno dell’occupazione?

Capisco le tante difficoltà che un giovane può incontrare, ma occupare è illegale e colloca chi lo fa fuori dal vivere civile. Si tratta di un gesto che va oltre una cittadinanza corretta e un giusto rapporto nella società in cui ci si trova quindi è un fenomeno che non mi trova d’accordo. E’ evidente però che se si arriva a compiere un gesto del genere è proprio perché le condizioni strutturali ed economiche di rapporto tra reddito possibile di un ragazzo e il costo oggettivo di affitto o di acquisto di un alloggio sono assolutamente insostenibili.



Cosa genera dunque una situazione del genere?

Si genera una condizione nei confronti di chi cerca casa che porta a due possibili soluzioni: o si torna a casa dai propri genitori oppure si compie un gesto illegale, mentre solo la minoranza riesce a intraprendere una strada di equilibrio e correttezza.

 

Tra tutte le possibili soluzioni, quale crede sia la più valida da dover incentivare a Roma?

Come detto in precedenza è innanzitutto necessario operare una tassazione nettamente diversa tra alloggi liberi e alloggi occupati. Questo perché, se si continua a consentire a chiunque di poter mantenere un alloggio libero, l’offerta non potrà far altro che diminuire. Per quanto riguarda invece le altre soluzioni, credo che una delle più valide sia quella dell’housing sociale, l’unica modalità che prevede una concessione da parte del Comune di una superficie di terreno per questa attività, abbattendo di fatto il costo al metro quadrato dell’alloggio. Infatti, se si annulla il costo del terreno, è ovvio che rimane solamente il costo di costruzione, quindi è possibile realizzare alloggi di tipologia adeguata alla domanda esistente e che si modifica costantemente nel tempo.

 

(Claudio Perlini)