Nel mondo ci sono due tipi di film italiani che sono davvero conosciuti, solo due: la commedia all’italiana, grande tradizione che arriva fino al cinepanettone di oggi, e il western-spaghetti. Da una parte i fratelli Vanzina e dall’altra Sergio Leone. Da un certo punto di vista ogni grande evento pubblico italiano inclina a far parte di uno di questi due generi. (Persino la tv di approfondimento, se ci pensate, con Bruno Vespa che rende tutto commedia all’italiana e  Michele Santoro che offre la sparatoria del saloon). Ebbene Renata Polverini e lo scandalo alla Regione Lazio rientrano a pieno titolo nel primo genere: il film dei Vanzina.  Lo si è capito l’altro giorno quando Renata Polverini si è presentata davanti al Consiglio Regionale per affrontare lo scandalo di prima grandezza che ha colpito Francesco Fiorito, esponente del Pdl laziale. Fiorito è un personaggio, scusate la rima, colorito (e non potrebbe essere diversamente nella sempre caciarona politica locale), lombrosionamente in carne (170 chili), ha speso ingenti somme, di denaro pubblico, ai ristoranti “Pinzimonio” e “Pepenero”. Ostriche e champagne, esattamente come i mafiosi e i camorristi, come nei peggiori incubi e a confortare lo stereotipo dell’anti-politica. “I politici magnano e si arricchiscono alle nostre spalle” dice la ggente sfogliando i giornali.  Lui ha un soprannome, ma a Roma ce l’hanno quasi tutti, ed è “Er Batman”… Le cronache raccontano che con i soldi pubblici Fiorito ha acquistato una Smart super accessoriata, in cui poi non riusciva ad introdursi, per via della stazza: ”Me dovete capì, manco c’entravo…”. Secondo voi, se i soldi fossero stati suoi, l’avrebbe provata prima quella piccola (piccola è piccola…) macchinetta?



Che fa la Polverini per reagire? Si veste di bianco, con un vestito volutamente modesto (brutto persino) e che ad un certo punto spiega si “è pagato” da sola, duecento euro, bontà sua. E si lancia in un discorso duro, acceso, “strappacore” l’ha definito il re dei cronisti parlamentari romani, Filippo Ceccarelli. Un discorso retoricamente alla buona, in cui cita l’alluvione di Firenze e la Concordia e i tumori che l’hanno colpita. In cui prevede catastrofi, come Cassandra, ma che alla fine non si conclude con le minacciate dimissioni. 



Chiede scusa, è vero, la Polverini, ma la sensazione è che si tratta di un pentimento a metà. L’atto di una commedia all’italiana che, se non salva Er Batman, non affronta però  il cuore della questione: ridurre se non tagliare del tutto i finanziamenti pubblici a consiglieri e gruppi regionali. Anche la Polverini, nel caustico ed immaginoso sottobosco politico romano, ha un soprannome:  Kocis, come il capo indiano. In effetti a volte assomiglia davvero ad un protagonista dei fumetti western. Fotografa bene la sua aria popolana, verace, da combattiva sindacalista della Ugl, il sindacato della destra italiana, che tanto successo ebbe in tivù, nel salotto fighetto di Giovanni Floris, non per niente versione “de sinistra” della commedia (politica)  all’italiana di tradizione vespiana. “Kocis” non ha affrontato la questione delle questioni, su cui hanno scritto Sergio Rizzo e Franco Bechis: le Regioni italiane sprecano un fiume di denaro pubblico. 



La Regione Lazio, poi, è particolarmente sfortunata. Francesco Storace cadde su uno scandalo di spionaggio contro gli avversari politici. Piero Marrazzo andava a reclutare prostitute “trans” in via Gradoli 96, lo stesso indirizzo dov’era un vecchio covo delle Brigate Rosse, ai tempi del sequestro Moro. Si sono dovuti dimettere. “Due volte nella polvere”, direbbe il Manzoni; una volta nella Polverini.

Infatti ora “Kocis” rischia di andare in crisi per via dell’inchiesta su “Batman”. E’ vero, non è che molte altre Regioni stiano meglio.  In Lombardia c’è lo scandalo sanità, in Puglia pure, anche in Emilia Romagna, in Calabria e in Sicilia la Regione è al centro di indagini giudiziarie, Presidenti compresi.  Sarà un complotto dei giudici o forse un caso. Ma un problema c’è, enorme. In Italia non esiste un reale controllo della spesa pubblica. Altro che spending review! La Polverini ora pensa a qualche misura di austerità. Ma è tardi per i laziali, come per gli italiani genere.