Una crisi politica che si trasforma in avanspettacolo. E ci sarebbe davvero da ridere, se non fosse finita sotto gli occhi di tutti, con un fragore assordante, di quelli che – anche a voler girare la testa dall’altra parte – non ce la fai proprio a non sentirlo e a non guardarlo. Succede alla Regione Lazio, dove non è che negli ultimi anni si sia brillato per buongoverno e dove adesso si scopre – secondo quanto riferito ai magistrati dallo stesso ex capogruppo pdl Franco Fiorito, nel corso dell’interrogatorio dell’altro giorno – che ci sarebbe stato un accordo di ripartizione dei fondi tra tutti i gruppi del consiglio regionale, in funzione della loro consistenza politica. Un accordo che prevedeva l’assegnazione di centomila euro l’anno a ciascun consigliere per finalità politiche ed un accordo all’interno del Pdl che raddoppiava o triplicava tale assegnazione a seconda degli incarichi ricoperti. Un meccanismo diffuso, insomma, per utilizzare i circa 17 milioni di euro l’anno assegnati ai gruppi del consiglio regionale del Lazio e all’Ufficio di Presidenza per le finalità politiche di ciascun componente. Soprattutto un accordo che la presidente Polverini non poteva non conoscere, poiché si trattava – avrebbe accusato Fiorito davanti ai magistrati, per poi smentire tutto davanti ai microfoni di una tv – di una decisione di cui la giunta prendeva atto.
Un “sistema Lazio”, insomma, che viene a galla nel momento peggiore, alla vigilia di una delle più delicate campagne elettorali degli ultimi venti anni, quella in cui sarà in gioco non solo e non tanto la vittoria di un partito o di uno schieramento, ma dove si deciderà innanzitutto sulla sopravvivenza dei partiti per come li abbiamo conosciuti fino ad oggi e sul futuro di una Politica che pare agonizzante, incapace di reagire alla crisi generale del sistema. Una campagna elettorale, per dirla tutta, dove sarà in gioco il ruolo della politica nei prossimi anni. Perché il danno causato dai fatti che stanno avvenendo alla Regione Lazio è molto più grande delle feste, degli sprechi, dei soldi dati senza controllo e che sarebbero stati sperperati o addirittura intascati. Il danno di questa gestione caotica o illegale è soprattutto un altro: quello di suscitare nella gente la convinzione che senza politica sarebbe meglio per tutti.
Certo, quel che accade oggi alla Regione Lazio non è una novità nella politica romana, spesso attraversata dalle incursioni della magistratura. Ed è vero, i protagonisti trascinati sui giornali sono quantomeno pittoreschi: Batman (Francescone Fiorito appunto, l’uomo-pipistrello della Regione Lazio e federale di Anagni), Sissi (la fidanzata Samantha, boccoli biondi e viso da principessa) e Kocis (la governatrice Renata Polverini, che ricorda il mitico capo indiano e che, prima dell’elezione alla Regione Lazio, era a capo di un sindacato che aveva più fortuna in certe trasmissioni tv che tra i lavoratori). Come una volta, quando a vivacizzare la politica capitolina c’erano altri nomi e soprannomi: c’era Luparetta (il super assessore capitolino all’edilizia Antonio Gerace, ai tempi del sindaco Carraro, baffettini alla Clark Gable, poi diventato ospite fisso di Palazzo di Giustizia), c’era er Pecora (l’ex missino Teodoro Buontempo, che dall’Abruzzo arrivò a Roma e dormiva nella sua Fiat 500), c’era er Pinguino (l’attuale senatore Domenico Gramazio) o Ganascione (il senatore ex dc Cesare Cursi).



Ma oggi è cambiato tutto. Stavolta c’è una crisi che morde forte, soprattutto le famiglie. Stavolta c’è gente che ha creduto che la politica servisse a qualcosa di più che a riempire il conto corrente o a sostenere miseri traffici privati, c’è tanta gente che si sente tradita in maniera meschina e anche oltraggiosa. Non è una maledizione oscura della Regione Lazio, dove nessuno degli ultimi tre presidenti è riuscito a uscirne indenne. E non è solo un problema di controllo della spesa pubblica, di quel fiume di denaro che molte regioni italiane hanno dilapidato senza remore. E’ assai di più. E’ la crisi di un mondo che non legge più la realtà, di una classe dirigente – come è stato scritto – “che viaggia ma non conosce, che legge ma non apprende, che vive ma non fa esperienza”. In politica chi sbaglia paga, dice una regola non scritta. E ieri le prime teste sono iniziate a cadere. Ma a questo punto, che si resti o meno, la frittata è fatta. E il danno, forse, irreparabile.

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