“La scelta dell’Arcivescovo Pietro Parolin come nuovo Segretario di Stato assume una duplice valenza di grande importanza. Da un lato il suo ruolo sarà sempre più orientato alla diplomazia e alla geopolitica vaticana, e meno al governo della Curia. Dall’altra l’inizio della sua attività coincide con una fondamentale omelia di Bergoglio nella quale fa giustizia dei pregiudizi che lo ritraggono come un Papa progressista”. Ad affermarlo è Sandro Magister, vaticanista de L’Espresso, nel primo giorno di attività effettiva del successore del cardinale Tarcisio Bertone. L’arcivescovo Parolin era stato nominato il 15 ottobre scorso, ma la convalescenza per un’operazione ne ha ritardato l’entrata in servizio.



Magister, che cosa cambia per la Chiesa con l’arrivo di Parolin come Segretario di Stato?

La nomina di Pietro Parolin come nuovo Segretario di Stato, o meglio come nuovo Segretario Papale, è una delle scelte più importanti finora compiute da Papa Francesco. E’ una decisione che implica un cambiamento sostanziale nel ruolo che il nuovo segretario papale svolgerà. Le sue funzioni saranno più strettamente circoscritte al campo dei rapporti internazionali, della diplomazia, della geopolitica della Chiesa. Parolin sarà invece molto meno dedicato al governo interno della Curia romana. Si tratta di un cambiamento che non è stato formalizzato finora, ma che è stato lasciato intuire, e che è molto probabile che si compirà presto.



Per quale motivo il rinnovato impegno del Segretario di Stato nei confronti della geopolitica rappresenta un fatto importante?

La novità non è tanto nel fatto che la Chiesa abbia una sua geopolitica e cerchi di svolgerla. La novità è nell’assegnare al Segretario di Stato, che appunto si chiamerà in modo quasi esclusivo Segretario Papale, un ruolo circoscritto a questo tipo di attività. Non si tratterà quindi di un ruolo globale che comprenda anche la sovrintendenza al governo della Chiesa al proprio interno, in quanto il suo mandato sarà circoscritto alla sovrintendenza rispetto all’attività diplomatica della Chiesa. Si tratta di una separazione di ruoli che caratterizzerà il nuovo assetto della Curia romana. Quest’ultimo emergerà con il tempo in modo più chiaro dallo studio che si sta facendo da parte degli otto cardinali e dalle intenzioni di marcia che questo Papa ha già manifestato.



Lei che cosa si aspetta da Parolin, almeno a giudicare dall’esordio di ieri?

L’entrata in servizio effettivo dell’arcivescovo Parolin ha coinciso con una delle omelie più inattese pronunciate da Papa Francesco durante la Messa nella cappella di Santa Marta. Un’omelia che a sorpresa ha dato una lezione molto severa a quella corrente presente in campo cattolico e che il Papa ha definito “progressismo adolescenziale”. Una corrente tesa a sottomettersi allo spirito del mondo, e in particolare a quel pensiero unico egemonico che il Papa considera la vera sfida portata contro la Chiesa e quasi una sorta di anti-Cristo.

 

E quindi?

Parolin ha concelebrato con il Papa proprio durante la Messa nella quale il Papa ha svolto questa sua omelia. E’ singolare perché mai in precedenza Papa Francesco aveva preso una posizione così netta ed esplicita contro quel progressismo che ha adottato Bergoglio come la sua bandiera.

 

In che modo tutto ciò si lega con il mandato di Parolin?

L’inizio del mandato effettivo di Parolin è coinciso con questa quasi rivelazione da parte di Papa Francesco, e che riguarda una sua identità che fino a oggi era rimasta un po’ in ombra. Di questo Papa si sono dette e si sono ascoltate tante cose, che hanno indotto in molti a esprimere pensieri sul suo profilo, e quindi sul suo pontificato, che non corrispondono a quel tratto che molto fortemente il Papa ha sottolineato questa mattina. C’è stata una sorta di correzione nei confronti di una sua immagine che stava pericolosamente prendendo piede nella Chiesa e fuori dalla Chiesa.

 

(Pietro Vernizzi)