Le tute blu della Fiom in piazza. Corteo corposo di studenti a Torino, sporadici in altre città. La Sapienza di Roma, la più grande università europea, assediata dalle proteste, i manifestanti bloccano Ventimiglia… Si potrebbe continuare, e si continuerà. La rabbia è reale, non va tacitata. La protesta a volte resta l’unica cosa da fare, quando le tasche sono vuote, il lavoro manca e non vedi lumi per dar fiato alla strada, checchè Saccomanni si sforzi con sorrisi stampati di tranquillizzare gli animi. Qualcosa per frenare la crisi che sentiamo sulla pelle la vorremmo realizzata subito. Qualcosa che dia corpo alle parole, agli slogan che hanno sostenuto le primarie e apparecchiano nuove elezioni. Qualcosa di concreto: basta rimandi, tagli veri, immediati, e finanziamenti conseguenti là dove il bisogno è più grande. Non basta alla gente un governo che rassicuri. Ci vuole un governo forte, che operi, e parlare di fermezza dello Stato contro le piazze non attira simpatie, quando alle piazze non si sa parlare.
Però attenzione. Troppi elementi si mescolano in questi fuochi prenatalizi, tutt’altro che festosi. Troppi condottieri scaltri, o disperati, li attizzano, per accaparrarsi il merito dei roghi. Perché insieme, sindacati, movimenti studenteschi, trasportatori, esodati? Un cuor solo li unisce, o qualcuno muove a arte le loro pedine per alimentare il caos, e far saltare il paese? E’ proprio il caso di scatenare la gente che ha tutti i motivi di essere triste e stanca, per esprimere una presenza, per marcare il terreno? A qualcuno non piace il neosegretario Pd, storia diversa, obtorto collo, bisogna tenerselo, ma che senta il fiato sul collo. Qualcuno vorrebbe asfissiare sul nascere una destra moderata che aspira a respirare da sola. Qualcuno non sa proprio da che parte andare, e lo sfogo urlato, l’insulto sono la sola modalità di esistere, e far dimenticare che di questo sistema vituperato fa parte anche lui, e con un bel numero di parlamentari. Con gli stipendi ridotti, ma anche con ridottissime capacità di parlare e operare.
Le piazze si riempiono e gridano, con coraggio e pericolo, sotto dittatura. Inneggiano a leader in carcere, non che lasciano i cortei in Jaguar, seppure prestata dagli amici; non che sparano sentenze quotidiane sui blog, che aizzano le forze dell’ordine all’insurrezione, quelle stesse strapazzate e prese a sassate in Val Susa, ad esempio.
Non che nei loro aurei palazzi studiano tatticamente strategie per fare ammuina, e distrarsi così dai problemi personali. Di piazze che bruciano di passione, e paura, negli ultimi anni, ne abbiamo viste tante, e presto trascurate, perché troppo lontane e prive di ricadute interessanti a casa nostra.
Kiev, II Cairo, Istanbul, per citarne alcune. Le nostre sono così, hanno questa unità e quest’urgenza di libertà? E’ troppo chiedere che i sindacati si siedano a un tavolo, che le diverse categorie si facciano ascoltare tramite i loro rappresentanti eletti, (sono pagati per questo, no?), che gli studenti studino?
Siamo sotto Natale, fioccano le interrogazioni per riempire le caselle del primo quadrimestre, si infittiscono gli esami universitari. Qualsiasi piazza va bene, e si capisce il perché di tante faccine intabarrate in coda nelle strade, a ingrossare un “movimento” che vorremmo fosse solo un agitarsi inconsulto. Se è guidato, è ben peggio. Per ora inquietante per i suoi sviluppi, e pesante da sopportare, per chi cerca di ritagliarsi il tempo di un regalo festoso, per chi ancora crede che il Natale si debba celebrare con un dono, con qualche addobbo, e incontrando gli amici. Se paralizzano il nostro pochissimo tempo libero, e ci lasciano solo la rabbia, l’insofferenza nervosa, credono che saremo dalla loro parte? Che ce la beviamo, che loro lottano per il bene comune, per il cambiamento e la giustizia?