Larga vittoria in qualche modo anticipata quella di Nicola Zingaretti che ha riportato nel Lazio un governo di centrosinistra. I motivi di questa vittoria possono essere tanti: gli scandali che hanno affossato la precedente giunta di centrodestra, la scelta di Storace come suo oppositore, ma anche la validità stessa di Zingaretti come candidato presidente. Ilsussidiario.net lo ha chiesto al giornalista e docente universitario Paolo Gambescia: “Certamente la gestione dissennata della giunta Polverini ha contato moltissimo nella vittoria di Zingaretti, il quale però ha dalla sua dei punti a favore a prescindere. La domanda però davanti al quadro che gli si presenta è se saprà far fronte ai molti problemi che si adesso si trova davanti”.



Quali i motivi principali della larga vittoria di Zingaretti? Quanto ha contato nel voto popolare la serie di scandali che ha colpito la giunta precedente?

Quella di Zingaretti è stata una bella vittoria in termini numerici, assolutamente secondo me propiziata dalla gestione dissennata della precedente giunta. Il fatto è che adesso si troverà di fronte problemi gravissimi,  non solo la sanità per dirne uno. Non c’è infatti nel Lazio un progetto esistente di sviluppo e neanche  una idea di filiera.



Saprà farvi fronte?

Io me lo auguro. Zingaretti in realtà conosce bene la realtà romana e della provincia di Roma, ma conosce un po’ meno secondo me il variegato mondo del Lazio.

Cos intende per variegato mondo del Lazio?

Mi spiego: se voi guardate i risultati nazionali di Camera e di Senato vedrete che ci sono due lati in questa regione. C’è un Lazio Roma centrico che dal punto di vista dei voti premia ovviamente vista la grande quantità di abitanti che sovrasta di gran lunga il resto del Lazio.

 C’è poi un Lazio diciamo rurale che vota diversamente?

C’è una realtà molto più articolata. Nella provincia di Roma essendo Roma l’attrazione è molto più facile ragionare intorno a dei progetti. Nel resto del Lazio è molto più complicato: passiamo da realtà marinare a realtà montane. Passiamo da zone di sotto utilizzazione delle risorse a zone dove ci sono stati inizi di industrializzazione e qualche volta anche delle eccellenze. Bisognerà insomma vedere Zingaretti all’opera per giudicare.



 Lei crede che il voto di queste elezioni che hanno portato il Lazio a sinistra avrà delle ricadute sul voto a Roma nelle prossime elezioni comunali?

No, nel senso che penso che a Roma per il centrosinistra ci siano tutte le premesse per poter vincere. Ma dipenderà dal candidato e dipenderà anche da quante forze si riesce ad aggregare attorno a quel candidato. Dipenderà anche da cosa faranno candidati come Alfio Marchini che è nell’area progressista ma si presenta almeno fino a oggi come una entità avulsa dal contesto di apparentamenti e accordi tradizionali. Non è tutto scontato, anzi.

E della sconfitta di Storace che giudizio dà? Forse non era il candidato giusto per il centrodestra?

 

Diciamo intanto che la divisione con la Bongiorno non conta, non ha influito.  Il problema è che Storace rappresenta storicamente una figura nel Lazio che è fortemente caratterizzata.

 

 In che senso?

 

Non basta che si dica che il Pdl gli dà i voti. Chi vota Pdl non vota automaticamente Storace perché nella cultura e nella sensibilità dei conservatori Storace ha una collocazione precisa che non è quella  diciamo più rassicurante. Storace non rassicura la media borghesia, l’intellighenzia di destra che invece avrebbe visto meglio un altro candidato.

 

Più moderato?

 

No, questo no. Storace non è mica Casa Pound, è una persona che sa ragionare. Ma ha un suo passato politico e questo passato la gente non lo cancella, intendo nella sensibilità e nell’approccio.

 

I grillini infine nel Lazio non hanno avuto il boom di altre regioni: perché?

 

Be’, il risultato non è stato certo brutto. Non hanno avuto il boom di altre regioni perché la struttura nel Lazio, il consenso, la mediazione formano dei grumi molto più resistenti e meno penetrabili. Un signore mi diceva: ho votato Grillo perché doveva dare uno scossone ma Grillo adesso deve governare e come si fa a governare con Grillo? A Roma, nel Lazio dove c’è la politica anche di livello nazionale per via della presenza delle istituzioni, si sente molto di più che altrove la riflessione del tipo: sì ma dopo che succede?

 

E’ un voto meno di pancia, diciamo.

 

Qui il voto è essenzialmente legato a Roma, quindi il voto diffuso di protesta provinciale del piccolo imprenditore arrabbiato è molto meno influente rispetto a una situazione stratificata che è legata alla funzione di Roma capitale.