E’ bello che i cardinali da oggi riuniti in conclave siano stati invitati a celebrare la Messa, domenica, nelle loro parrocchie “romane”, un bagno di umiltà, una passeggiata nella realtà, fuori dal chiacchiericcio, dall’assedio dei giornalisti, dalle  preoccupate considerazioni sul presente e futuro della Chiesa. Com’è noto, uno dei “titoli” cardinalizi è quello di coadiutori del vescovo di Roma, come parroci delle sue tante chiese, appunto. Così, anche chi arriva da paesi lontani ha il suo piccolo gregge nella capitale, una casa  a misura d’uomo, e pazienza se è un importante papabile. Sono capitata, arrampicandomi su Monte Mario, a Nostra Signora di Guadalupe. Una chiesetta pitturata di fresco, in un quartiere popolare e semplice, ma vivo, brulicante di negozietti e dove la gente si ferma volentieri a chiacchierare, prima e dopo la Messa, come in un paese. I bar, la pasticceria, il giornalaio… e quella chiesa dedicata a una Madonna tanto distante, patrona delle Americhe, così diversa da quella del Divino Amore o di Santa Maria Maggiore, cui i romani sono devoti. Ieri era festa grande, anche se non c’erano festoni e sfarzo. Arrivava il cardinale di New York, capitale del mondo, uno dei nomi ricorrenti nelle previsioni dei vaticanisti più esperti. Un omone imponente e rubizzo, solare pur in una giornata di primavera stentata, con la sua veste rosa brillante, a ricordarci che è la domenica in “laetare”, quella della gioia, anche, proprio perché è Quaresima. Il  Vangelo è la parabola del figliol prodigo, che torna a casa, e Dolan, ma meglio suonerebbe padre Timothy, in questa occasione, dice di sentirsi così anche lui, un figliol prodigo che ritorna nella sua parrocchia, perché fin da piccolo lui voleva essere questo, un parroco. Saint Patrick è un’altra cosa? Lui fa sentire quella chiesetta nel suburbio capitolino una cattedrale, esalta le virtù del coro, ringrazia tutti dell’accoglienza, sembra uno di famiglia. Non so se il cardinal Dolan sarà il prossimo Papa. So che la Chiesa ha bisogno di berrette così, di physique du role così, e non per la mole, ma per la saldezza, per la prorompente umanità e simpatia che percorre l’assemblea, e sa strapparle  conforto e speranza.



La Chiesa ha bisogno di cardinali, di cristiani così, uomini veri, che sanno sorridere, che sanno parlare a tutti, che guardano negli occhi uno ad uno i fedeli che si incolonnano serrati per la Comunione. Il fighetto con la cresta sui capelli e la ragazza con le unghie pitturate di verde, che porta al collo il marsupio col suo bambino; la suora che fa catechismo e  il padre di famiglia che porge avanti i suoi figli, si sa mai, che prendano l’abbraccio del futuro Papa. La Chiesa ha bisogno di testimoni, e a di là di visioni teologiche, di  idee più o meno conservatrici o progressiste, la Chiesa, che è la comunità dei credenti, ha bisogno di uomini che ci credono, in Gesù Cristo, che sanno parlarne come della cosa più cara, che portano sulla loro faccia la letizia di averlo incontrato, di poterlo seguire.  Che sembrano non sentire con gravità severa il peso di questi giorni: sicuri che  tocca essere strumenti docili, ma che Qualcun Altro porterà la barca di Pietro in mare aperto, ancora e per sempre.  Riescono persino a scherzare, e che soddisfazione, dopo i veleni, i dispetti,  i silenzi  imposti, le prudenze paludate, vedere braccia che si spalancano e sorrisi. “Mio caro parroco, c’è una grande folla oggi, faremo due offerte, ok?” Oppure: “Grazie de doni portati all’altare, i bambini hanno portato anche un pacchetto di caramelle, ma dopo Pasqua, è tempo di digiuno… però quasi quasi ne porterò qualcuna in conclave, dicono che non si mangi tanto bene, là…”. Certo, le battute non  sono un metro di valutazione. Se coprono la sostanza. Ma se la sostanza è una celebrazione appassionata e semplice, se in ogni  occhiata chi  è presente si sente voluto bene, sente che ogni sorriso è per lui. Felice come un papa, si diceva. Intanto Dolan lo è, poi, chissà. “Signore, da chi andremo? “, è il suo motto. Non lontano da testimoni così. Ieri Roma ha conosciuto pastori che non corrispondono alle visioni cupe delle spy stories vaticane, che non piacerebbero a Dan Brown ei suoi emuli.  Nonostante tanto pessimismo, confortiamoci un po’, Ratzinger forse sapeva di poter lasciare la sua Chiesa in buone mani.

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