L’avete ascoltato, il silenzio della folla, in piazza San Pietro? Che è rimbalzato in tutte le piazze, mediatiche e reali, di tutto il mondo, ha stordito le chiacchiere, zittito dietrologie, sfumato il pessimismo pericoloso che opprime, e soffoca i cristiani? Quel silenzio scandaloso che ci imbarazza, perchè non c’è più, ci inquieta, ci costringe a pensare, quando nessuno vuole che pensiamo. In piazza San Pietro, per un minuto lunghissimo, il tempo si è fermato, per cogliere il qui ed ora, per fissare l’attimo in cui un nuovo sì è stato detto all’eterno “Mi ami tu più di costoro?”. Un nuovo Pietro ha detto sì. E non importava se tutti se ne aspettavano un altro: normale, sventolavano bandiere di ogni paese, si intrecciavano lingue e dialetti lontani e diversi, saltavano su dalla pancia e dalla testa sensibilità diverse, educazioni diverse, storie e desideri diversi.
Soltanto i nostri intellettuali di grido possono esprimere un parere sui candidati in Conclave? Soltanto i sociologi, i giornalisti, gli illuminati e i bookmakers possono esercitarsi in previsioni, sondaggi, preferenze? Oppure i prelati, possono solo loro spiegare, anche parlando un po’ troppo, chi è adeguato e chi no, chi risponde ai bisogni del tempo presente, chi rappresenta quali mondi e ambienti ecclesiali e di popolo? A tutti è dato avere preferenze e gusti, e senza sufficienza e presunzione, toccava sorridere ma commossi alle semplici considerazioni di chi incautamente in queste settimane veniva accalappiato dai giornalisti all’assalto. Le gente. Cosa dice la gente. Vox populi. A nessuno importa quel che pensa la gente, ma bisogna pur avere pezzi cuscinetto, tra l’uno e l’altro servizio o intervista ai nomi che contano. La gente al massimo ha un nome, non ha un cognome. Basta che parli, che riempia un vuoto.
La gente voleva un Papa, anche i non ferventi, anche i devoti tiepidi, distratti, anche gli agnostici, o i delusi dalle troppe domande e speranze senza risposta, anche loro volevano un Papa. Un padre. Non ce ne sono più di padri.
Penoso vedere paragonata l’attesa del Pontefice a quella di un governo, di un Presidente, come se l’Italietta fosse il centro del mondo, come se si potessero confrontare autorità tanto distanti per peso e significato. Ma c’è di vero che ci si sente soli, allo sbando, rassegnati ad essere numeri che non contano, che non hanno voce vera e ascoltata. Un Papa ad ogni sorriso, ad ogni benedizione da una finestra lontana parla a ciascuno, non c’è bisogno di spiegarlo, lo si capisce, è per te, ti senti abbracciato, compreso.
E questo sentimento è di tantissimi uomini nel mondo, che non si fidano della politica, dell’economia, dei filosofi, dei guru, ma si fidano del Papa.
I romani, poi. Lo guardano da sotto in su, ma per loro il Papa è uno di famiglia, pare tutti di avergli scodellato in tavola un’amatriciana, si sentono signore discettare di quanto è sciupato, è pallido, forse dorme poco, come se si trattasse dello zio del piano di sopra. I romani da secoli lo custodiscono, il Papa, orgogliosamente, privilegiati e fingendo il peso di questo onore. Per esempio, si sente con una celata inquietudine parlare di spostamento della maratona di domenica, la Prima Messa, e poi c’è la partita…uffa, il Papa.
Pare cinismo, ma è una finta. Ma provate a lasciare Roma senza la luce a quella finestra per due settimane, e la città perde la coscienza di essere il cuore del mondo, si sente piccola, inutile, non le basta il Quirinale, e neppure il Colosseo.
La gente dunque, cioè io, tu, il mio amico, mia cugina, mio figlio, il mio collega, hanno bisogno di un padre e di un maestro, come è stato Benedetto XVI, anche se prima di conoscerlo nessuno avrebbe scommesso di affezionarcisi tanto. Come Francesco, che nessuno aspettava. Non giovane, non così forte, esitante anzi, parrebbe, non italiano, non, non e non. Ma capace con poche parole di conquistarli tutti, in quella piazza, alla sola scelta del nome Francesco, alla richiesta cortese di pregare per il suo predecessore, per sè, e con la trilogia più usata da tutti, il Pater Ave Gloria, anzi, il pateravegloria, come si dice nelle parrocchie, e poi con il silenzio, che ha spento le telecamere, i megafoni, e obbligato a inchinarsi, a pensare. E tutti hanno mormorato, è proprio lui il Papa che volevamo.