Di mamma ce n’è una sola, dice un vecchio adagio popolare. E il 19 marzo, festa di San Giuseppe, tradizionalmente è la giornata dedicata a tutti i papà. Espressioni che fanno riferimento ad un vecchio modo di pensare, a quanto pare. Perché oggi succede che di mamme nella stessa famiglia ce ne siano due, e di papà, invece, nessuno; e succede, perciò, che anche la festa del papà diventi motivo di conflitto. In una scuola di Roma, due madri omosessuali di una bambina hanno chiesto alle maestre di non festeggiare la festa del papà, considerata poco opportuna.
Scoppiano le polemiche, e i commenti su una questione che mette in rilievo i valori fondamentali della famiglia, e della paternità. Indignazione e amarezza nelle parole di un avvocato, padre di un compagno di classe della bambina attorno a cui ruota la vicenda, che ci racconta come è andata. “Un paio di settimane fa le maestre della scuola del mio terzo figlio ci hanno detto che sarebbe stata indetta una riunione per decidere cosa fare per la festa del papà: due signore, mamme di una bambina che sta in classe con mio figlio, avevano sollecitato di non festeggiare, perché la bambina non aveva una figura genitoriale paterna. Ho appreso poi che, in seguito all’intervento di una psicologa del Municipio, si era deciso di proporre una generica festa della famiglia, per non urtare la sensibilità della bambina. I bambini, allora, hanno fatto dei disegni, un po’ diversi da quelli che si possono vedere in tutte le classi: sono quadretti coperti, che non permettono far vedere a tutti cosa rappresentano, per non far emergere così in maniera evidente la diversità tra le altre famiglie e la famiglia della bambina”.
Perché difendere la tradizione della festa del papà rispetto a qualsiasi altra scelta?
La festa del papà è una consuetudine del nostro paese, è un uso sociale oramai diffuso e ripetuto e stabilizzatosi nel tempo: rientra quindi fra gli interessi legittimi, fra le consuetudini. Oggi si cerca di abolirla, e mettere in discussione il principio di base della paternità, per affermare il valore di una scelta particolare, che comporta un’assunzione di responsabilità. Un totem delle copie omosessuali, e di chi sostiene le loro richieste, è che la loro libertà non incide sulla libertà degli altri, che le loro scelte non vanno mai a toccare i diritti degli altri.
Questo caso è particolarmente rilevante perché dimostra che questo principio non è vero: in questa vicenda la scelta di due donne incide sulle libertà e i diritti della maggioranza. Non viene discriminata una bambina, e bisogna usare una certa sensibilità, ma 30 bambini. Pensare che la scelta e la libertà di alcuni soggetti non incida sulla libertà degli altri è pura utopia: la nostra società è fatta legami , relazioni e rapporti che si intrecciano tra di loro. In questo caso la rivendicazione di un diritto va a conculcare una mia libertà, una scelta va ad incidere sulla storia e sulla felicità di una bambina, ma anche sulla libertà e i diritti degli altri, e sulle identità, sulla cultura, su una storia, su un’antropologia. È un processo inarrestabile.
Questa vicenda ha sollevato molte polemiche. Qualcuno potrebbe parlare di omofobia…
Posso pensare ad una forma di omofobia al contrario, fatta da chi vuole cancellare una figura presente in natura come quella del papà e della mamma, verso chi invece vuole che questa figura non venga nascosta, in virtù di un principio fondamentale e bellissimo, cioè che i bambini nascono dall’amore di un uomo e una donna.
Nei cartoni animati che i bambini vedono in televisione, nei libri di scuola, si parla di madre e padre: seguendo queste rivendicazioni, arriveremo ad abolire dai testi scolastici i concetti di madre e padre, ad abolire i cartoni che ricordano e fanno riferimento a figure genitoriali definite; ci sarà poi chi chiederà la cancellazione della figura della madre, e arriveremo a parlare genericamente di genitore A e B, genitore 1 e 2. In questo modo camminiamo nella menzogna, nella bugia, togliendo di mezzo la verità. Chi discrimina in questo caso è chi vuole occultare o cancellare la realtà.
Dobbiamo relativizzare anche il concetto di famiglia?
Si dice che ci sono molti modelli di famiglia: io di modello ne conosco solo uno, che è quello della famiglia formata da un uomo e da una donna. Se invece affermiamo che esistono più tipi di famiglia, si devono mostrare tutti: mi chiedo perché deve essere un problema, allora, festeggiare la festa del papà, perché si debba omettere o nascondere qualcosa. La verità è che si vuole in maniera folle nascondere la realtà, nascondere gli effetti delle proprie scelte, nella consapevolezza che forse possono danneggiare i bambini. Se penso di aver fatto una scelta profonda e giusta, non nociva alla crescita del bambino come quella di creare famiglie senza la presenza del padre, non devo nasconderne gli effetti. Qui si cerca di affermare un principio, mettendo da parte la figura del papà, ed è assolutamente inaccettabile. Non possiamo arretrare ancora nella rivendicazione della nostra identità e della nostra cultura, di una nostra antropologia, della nostra libertà.
Avete intrapreso azioni legali?
Dal punto di vista legale non faremo nulla: sono state avvertite le istituzioni cittadine, del Municipio e del Comune, e ci aspettiamo che da loro venga una soluzione di questa vicenda. Peraltro ormai la festa del papa è vicina, quindi c’è poco da fare ancora. Occorre sollevare la questione, e far capire che il problema non è la mancanza di carità nei confronti di una bambina, ma permettere che non venga messo in discussione il principio fondamentale della paternità.
Le mamme hanno intimato di non festeggiare la festa del papà, perché a loro detta nel Programma di Offerta Formativa della scuola, questa festa è non è contemplata. Allo stesso modo però, molto ipocritamente, si sono trovate d’accordo a festeggiare la festa della mamma. Secondo convenienza.
Cosa spera per il futuro dei suoi figli?
Spero che tra tante inadeguatezze ed errori di noi genitori, anche in un mondo che va verso un baratro antropologico, possano rivivere un’educazione cristiana, e sappiano distinguere e riconoscere il bene e il male, perché non è vero che una scelta vale l’altra, e non ha conseguenze. La speranza è che una Chiesa più autentica e vicina ai bisogni reali possa essere voce credibile che guidi l’uomo nei cammino di vita.
(Maria Elena Rosati)