Ignazio Marino ha vinto le primarie del Pd per il Comune di Roma ottenendo circa il 50% delle preferenze. Il senatore e chirurgo è prevalso su David Sassoli, che ha ottenuto la metà dei suoi voti, tra il 24 e il 28%. Indietro gli altri quattro sfidanti: Paolo Gentiloni con il 12-15%, Gemma Azuni con il 3-6%, Patrizia Prestipino con il 2-4% e Mattia Di Tommaso con l’1-3%. Ilsussidiario.net ha intervistato Paolo Gambescia, ex deputato dell’Ulivo ed ex direttore de L’Unità, de Il Mattino e de Il Messaggero.
Qual è il significato politico di questo risultato?
Il primo risultato politico è una vittoria di Ignazio Marino, che ha avuto l’appoggio anche dell’”ultra-sinistra”. Si tratta di una scelta compiuta da un elettorato che però non è andato a votare in massa: per il Pd i dati numerici sull’affluenza a Roma sono stati un flop.
Riferendosi anche all’affluenza, Marino ha detto: “E’ stato un risultato straordinario” …
In realtà sono andati a votare in pochi. Meglio comunque che si sia trattato di una scelta democratica, anche se sulle primarie ho sempre molti dubbi. In queste circostanze si va al voto divisi per correnti, la rappresentanza all’interno del Parlamento è del tutto evidente. Non sono quindi un autentico strumento di consultazione di base.
E’ stata un’opportunità che in molti non hanno colto?
Quando gli elettori non vanno a votare, significa che c’è qualcosa che non va. Vuoi che si tratti di un problema di credibilità, vuoi che agli elettori non interessi esprimersi sul candidato sindaco. In altri contesti la percentuale dei votanti è stata molto più elevata, e forse è anche il risultato di una situazione politica che lascia frastornati gli iscritti. Il Pd è diviso, in particolare dal dibattito se trattare o meno con Berlusconi. Ci può essere quindi una sorta di disamore da parte dei militanti.
Questo disamore però in precedenza non era venuto alla luce …
I giornalisti riportano sempre le dichiarazioni di Enrico Franceschini, Rosy Bindi o Pier Luigi Bersani, ma i sentimenti della base difficilmente sono documentati. Ci sono inoltre delle occasioni come queste primarie, che forse mettono in evidenza il disagio della base. Chi ha votato Marino è stato un nocciolo duro di elettori e non un’ampia maggioranza di simpatizzanti del centrosinistra. Il chirurgo del Pd è stato scelto da chi rappresenta il gruppo più omogeneo, ed è un nucleo spostato molto a sinistra e molto radicale. Proprio perché l’affluenza è stata bassa, quanti sono andati a votare rappresentano sostanzialmente un’unica tonalità del variegato mondo del Pd.
Perché Gentiloni, pur avendo l’appoggio di Renzi, ha ottenuto una percentuale molto più bassa di quella del sindaco rottamatore alle primarie nazionali?
Un conto sono le primarie nazionali, un altro quelle per l’elezione di un sindaco. Non si possono prendere i dati di una consultazione nazionale, neppure se all’interno del solo Comune di Roma, e raffrontarli a quelli della consultazione che invece riguarda solo un territorio. I meccanismi che scattano sono infatti diversi.
Che cosa ne pensa delle polemiche sui rom ai gazebo?
Non ci trovo nulla di strano, a condizione che i rom che sono andati a votare abbiano la cittadinanza italiana e la residenza a Roma. Il fatto di essere rom non cambia assolutamente nulla. Un altro discorso sarebbe se ci fosse stata una strumentalizzazione, per esempio se i nomadi fossero stati portati a votare con i pullman.
I rom si sono recati ai gazebo anche perché Alemanno ha chiuso i loro campi?
Innanzitutto i voti dei rom non cambiano il risultato elettorale. Quando si andrà a votare, quei numeri saranno assolutamente insignificanti rispetto a chi vincerà o meno. Marino inoltre ha attuato una scelta che indica l’obiettivo dell’integrazione, mentre Alemanno ha perseguito una politica che tende di più all’esclusione. Il candidato sindaco del Pd ha indicato tra i primi problemi all’ordine del giorno proprio l’inserimento nella società di rom e immigrati.
(Pietro Vernizzi)