Pochi sanno che Roma è una delle capitali europee della musica contemporanea. Si eseguono, su base annua, tante ore di musica dei nostri giorni quante a Berlino – più che a Parigi o a Londra. Sia per l’impulso che viene da associazioni come Nuova Consonanza, sia di iniziative come l’EMUFEST organizzato presso l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e del Romeuropa Festival. Sia per le attività di numerose accademie e istituti di cultura straniere (a quelle molte intense di Francia e Germania, si è ora affiancata l’Ambasciata del Brasile che apre alla musica contemporanea Palazzo Pamphili a Piazza Navona). In tanta offerta, un indirizzo molto importante è Via San Teodoro 8 (di fonte al Palatino), quello della casa che fu di Giacinto Scelsi e in cui con il supporto di soci e della Fondazione Roma, Terzo Settore, opera la Fondazione che porta il nome del compositore.



Ma chi è stato Giacinto Scelsi? Non fu solo un autore di musica raffinata. Difficile pensare che nell’Italia dell’immediato dopoguerra (esattamente nell’autunno del 1947), l’allora ventottenne Giulio Andreotti, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, si interessasse a un ricco dandy che ha attraversato tutto il Novecento (soggiornando prudentemente in Svizzera, con la moglie, durante il secondo conflitto mondiale) e diventando notissimo all’estero nel mondo della musica e delle arti figurative – nel 2007 a Salisburgo gli hanno dedicato un intero festival (Kontinent Scelsi)– ma noto in Italia in una ristretta cerchia di “addetti ai lavori” – musicisti, artisti e (immaginate) cultori di spiritualismo orientale e tecniche per coniugare i suoni dell’Asia con l’elettronica.



Giacinto Scelsi, nato nel 1905 a La Spezia e morto a Roma nel 1988, è ancora un enigma, nonostante la sua musica abbia influenzato intere generazioni in tutto il mondo e il suo interesse per lo spiritualismo orientale sia stato precursore di movimenti sviluppatisi in Europa e negli Usa negli Anni Settanta. Di origine aristocratica, Scelsi ebbe una formazione scolastica e musicale inconsueta, con precettori privati e lezioni individuali. Nel corso della sua vita ha partecipato intensamente alle tempeste artistiche e culturali del proprio tempo, legandosi a figure come Jean Cocteau, Henri Michaux, Virginia Woolf, Walter Klein e grandi interpreti quali Nikita Magaloff e Pierre Monteux. Una delle sue prime composizioni Rotativa, in prima mondiale nella Sala Pleyel a Parigi, diretta da Monteux, il 21 dicembre 1931, lo impose all’attenzione internazionale.



Su Scelsi minacciava di cadere una coltre di oblio se la Fondazione creata per ricordarlo non tenesse aperto il museo e l’archivio ed organizzasse raffinati concerti nella palazzina che, ai piedi del Campidoglio, sovrasta il Foro. Il salotto di casa Scelsi e non contiene più di 40 persone; i concerti sono gratuiti ma è essenziale prenotarsi a museo@scelsi.it . Mentre nel 2011 i concerti sono stati dedicati a John Cage, quest’anno venticinquennale della sua scomparsa, riguardano la sua musica e includono prime esecuzioni mondiali di lavori composti ma mai suonati. La seria è stata aperta, l’8 gennaio, data del suo compleanno da Marianna Schroeder al pianoforte che ha eseguito Suite No 2 “Les douze prophètes mineurs“(composta attorno al 1930) ed il suo “Un Adieu” del 1978 , nonché una sonata di Mozart. Altra serata al pianoforte (Fabrizio Ottaviucci) il 17 marzo.

Di grandissimo interesse, il concerto del 17 aprile, dedicato a lavori per la voce (con un supporto strumentale molto limitato: un gong, un flauto, echi ottenuti con supporto elettronico) e con la partecipazione straordinaria di Michico Harayama (sua allieva e sua ispiratrice, ormai più che ottantenne ma ancora attiva sia come insegnante sia come soprano), nonché del giovane soprano nipponico Maki Ota. Scelsi non metteva in musica le proprie poesie (il programma del concerto ne include tre brevi, in francese, sul significato del suono), ma si esprimeva con vocalità pura in cui ciascun numero era imperniato su variazioni attorno a pochissime tonalità. Scelsi è conosciuto principalmente per i suoi lavori per pianoforte (come i preludi) o per orchestra da camera (quali i “quattro pezzi per orchestra su una nota sola”) ; i primi e gli altri sono in gran parte già apparsi nella Scelsi Collection curata dalla casa discografica Stradivarius.

Poco si sa sui lavori vocali di Scelsi anche perché il compositore se ne accostò in una fase avanzata della propria carriera artistica. Che io sappia non c’è nulla di inciso e pochissimo di pubblicato; gran parte dei suoi lavori (tutti brevissimi) sono in fogli d’album manoscritti e molti non stati quasi mai eseguiti. Per questo, il concerto del 17 aprile apre un nuovo percorso: la conoscenza di Scelsi in quanto compositore per la voce.

Un elemento importante è stato il rapporto tra Scelsi e Michico Harayama che dopo aver studiato all’Università delle Arti di Tokio ed al Mozarteum, è approdata all’Accademia Chigiana e a Roma negli Anni Sessanta, rimanendoci per il resto della vita in gran misura a ragione dell’incontro con il compositore che scrisse per la sua voce di “soprano assoluto” dalla vastissima estensione lavori mirati ad esprime sensazioni e sentimenti. E’ interessante notare che in quel periodo Scelsi si dedicava sempre più alla poesia con composizioni brevissime in lingua francese, spesso sul valore del suono. Eppure le sue composizioni vocali – in gran misura per la voce di Michico Harayama- non hanno testi né in versi né in prosa. Ci sono sillabe ma sono costituite principalmente da vocali intercalate da altre espressioni delle voce (anche conati di vomito). Bastano le vocale, intercalate da qualche sillabo per esprimere una situazione od un sentimento.

La serata è stata aperta con la prima mondiale di opera per voce composta da Scelsi negli Anni Sessanta per Michico Harayama ma eseguita da Maki Ota che studia vocalità con Haramaya (ora ultra-ottantenne). Il lavoro è articolato su alcuni legato da cui si svetta a tonalità da virtuoso. Anche a ragione della chiarezza della giovane voce di Maki Ota (e del fatto che in una sala per 40 persone non si deve sforzare la voce) , nasce spontaneo un raccordo tra la vocalità pura cercata da Scelsi e quella che i compositori barocchi trovavano nella voce dei castrati.

La prima del concerto ha incluso anche Sauh II (Liturgia) del 1973, affidati alle due cantanti: le geometrie verticali di Maki Ota (su tessitura molto alta) si giustappongono a quelle orizzontali di Michico Harayama (con la voce ora brunita anche per ragioni anagrafiche). Siamo sempre in vocalità pura che sottolinea, però, il contrasto tra due differenti tipi di vocalità.

Dopo un breve intervallo, Maki Ota (con il supporto di live electronics di Tommaso Cancellieri) ha eseguito un’ampia antologia dei Canti del Capricorno composti tra il 1962 ed il 1972, vocalità purissima tenuta in gran misura su un registro alto. I Canti sono stati inizialmente pensati per Michico Harayama che li ha interpretati per anni (e li ha incisi per la Wergo) ; 20 brevi episodi in cui il Capricorno non è solo il segno zodiacale dell’autore ma anche la vasta area geografico (il Tropico del Capricorno) che si estende dall’India, all’America del Sud (soprattutto l’Amazonia) ed all’Oceania. Si avverte a pieno il modo in cui Scelsi fondeva la musica etnica (con suoni anche raramente ascoltabili nel mondo occidentale) in un lessico musicale contemporaneo. Il primo e l’ultimo comportano un accompagnamento strumentale: un piccolo gong ed un flauto rudimentale latino-americano, ambedue suonati dal soprano solista. In breve un concerto di grande fascino per entrare nella vocalità del “continente Scelsi”.

La Fondazione non ospita esclusivamente musiche di Scelsi e lavori su Scelsi: il 18 Curtis Road della Università della California a Santa Barbara ha tenuto un seminario sul tema “Comporre musica elettronica”. Il seminario prende spunto da un libro di prossima pubblicazione per i tipi della Oxford University Press intitolato Composing Electronic Music: A New Aesthetic ed è stato accompagnato da esempi sonori tratti da recenti lavori dell’autore. Per Curtis Road, comporre significa divertirsi a risolvere puzzles più o meno complicati di altezze, ritmi, timbri, fraseggio e di processo, ma anche di gusto e di emozioni. Comporre musica elettronica, tuttavia, richiede una predisposizione particolare dovuta alla specificità di questo mezzo. Il seminario compara la composizione vocale e per strumenti tradizionali con quella della musica elettronica, mettendo in luce similitudini e differenze.