La Capitale al voto per eleggere il suo primo cittadino. In tutto 19 i candidati, anche se sono quattro quelli realmente in corsa. Da un lato il sindaco uscente Gianni Alemanno ripresentato dal centrodestra, dall’altra Ignazio Marino, chirurgo, senatore e già candidato per la segreteria del Pd dove prese il 12% dei voti. Anche se le sorprese della competizione elettorale potrebbe essere Marcello De Vito, del Movimento 5 Stelle, e Alfio Marchini, sostenuto da due liste civiche. Ilsussudiario.net ha intervistato Paolo Franchi, editorialista del Corriere della Sera.



Qual è il significato politico della sfida tra Marino e Alemanno?

Per il Pd riconquistare Roma in questo momento così duro, difficile e drammatico, pur non essendo un fatto risolutivo, sarebbe una cosa importante e significativa. Per il centrodestra riuscire a mantenere il governo della Capitale con Alemanno, nonostante un quinquennio non straordinario di amministrazione capitolina, significherebbe riaffermare in modo molto marcato che il recupero di forze segnalato dalle elezioni politiche prosegue e si incrementa ulteriormente. Un eventuale successo del M5S, più ancora che per Grillo, sarebbe un segno clamoroso del permanere e dell’aggrovigliarsi della crisi politica e di rappresentanza che investe il sistema.



Che cosa è in gioco con la sfida tra Alemanno e Marino?

Alemanno si batte per la riconferma, e quindi propone di continuare, magari migliorandola, un’esperienza di governo già consolidata. Il sindaco uscente rappresenta quindi la radice più vera della destra romana, che nella Capitale ha da sempre significato un certo blocco di forze sociali e un certo tipo di personale politico o parapolitico. Quest’ultimo spesso è incappato in disavventure giudiziarie per la vicenda delle municipalizzate, ma resta il fatto che a Roma si tratta di una presenza consistente.

Quindi in qualche modo Alemanno rappresenta la tradizione?



Sì, o meglio una certa tradizione. Roma ha una storia di destra antica, consolidata e forte. Già negli anni ’50 e ’60, perfino nelle borgate e nei quartieri meno benestanti di Roma, il Movimento Sociale era un partito di popolo che spesso si contendeva il primato con i comunisti. Fatto interessante, da un punto di vista sociale Pci e Msi ottenevano consensi grossomodo dal medesimo elettorato. La città che negli anni è cambiata e c’è stato un formidabile flusso sempre molto marcato tra una certa destra romana e la Democrazia Cristiana. Basti pensare a quanti esponenti storici dell’andreottismo romano provenivano dall’Msi.

In che modo questa storia ha influito sulla campagna elettorale di Alemanno?

I temi della campagna elettorale di Alemanno sono stati quelli della destra, a partire dalla sicurezza, su cui pure negli ultimi cinque anni non si sono ottenuti grandi risultati. Che cosa rappresenta invece Marino per Roma? Marino è un candidato molto atipico. Mi ha colpito un suo curioso slogan elettorale, “Questa non politica, è Roma”. E’ un messaggio che cerca di intercettare un elettorato di sinistra e non solo, quel vento dell’anti-politica che alle ultime elezioni è stata una delle tendenze più forti. Marino è un cattolico, sia pure su posizioni spesso inusuali o critiche da parte della Chiesa.

 

Rispetto allo schieramento del Pd quale corrente rappresenta Marino?

Marino non è certo un candidato politico del centrosinistra di tipo classico, anche se è stato un concorrente alla segreteria del Pd dove prese il 10/12% pari a circa 400mila voti. La sua è stata una campagna molto incentrata sui diritti di cittadinanza dei romani. Due forti idee di città che si contrappongano in questa campagna elettorale però non le vedo. Tutto è molto segnato dalla crisi, e forse anche questo contribuisce a tenere basso l’interesse degli elettori.

 

(Pietro Vernizzi)