Prima ancora di conoscere l’esito di questa tornata elettorale, possiamo già dire con certezza che la politica ne è uscita sconfitta. Gli italiani hanno disertato in massa le urne. Alle 19:00 aveva votato per rinnovare 563 Comuni solamente il 34,36% degli elettori, contro il 45,24% delle precedenti amministrative, ovvero l’11% in meno. A Roma è andata molto peggio. Aveva votato solamente il 29,79% degli aventi diritto, contro il 43,56% delle precedente tornata (11% in meno). Abbiamo fatto il punto sulla situazione con Alessandro Amadori, sondaggista, fondatore e direttore dell’Istituto Coesis Research.



Cosa si evince dalla scarsa affluenza?

La tendenza al calo era fisiologica da tempo e faceva semplicemente accodare l’Italia agli altri Paesi europei. Ma negli ultimi due appuntamenti e, in particolare, in questa tornata, si è determinata una forte accelerazione. Non è casuale che il calo particolarmente significativo si è prodotto a due mesi dalla elezioni politiche.



Questo cosa significa?

Che il voto di febbraio non ha ripristinato un positivo rapporto tra gli italiani e la politica. Al contrario, ha confermato il progressivo disamoramento. In sostanza, si è trattato di elezioni di transizione. Non saranno ridefiniti i fondamentali equilibri del Paese, né ci sarà alcuna evoluzione socio-politico-economica. Del resto, dopo vent’anni di eterna transizione, siamo tornati a una sorta di governo pentapartito post-neo democristiano. Gli Italiani iniziano ad essere stanchi di questa fase. E, paradossalmente, essi stessi non sono in grado di far sì che venga superata.



Cosa intende?

E’ un circolo vizioso: i cittadini sono stanchi dell’attuale politica, ma con il loro voto e con l’astensionismo, non riescono a modificare la situazione, salvo il fatto che la volta successiva votano ancora in meno. Il Parlamento è risultato composto in maniera completamente diversa dal passato. Ma a questo cambiamento non ha fatto seguito una nuova capacità progettuale, mentre gran parte delle speranze riposte nel 5 Stelle sono andate perdute.

Crede che in questa tornata il partito di Grillo risulterà ridimensionato?

A dire il vero, un’affluenza così bassa potrebbe rivelare delle sorprese: quando la partecipazione è così scarsa, i rapporti di forza si ridefiniscono anche in termini casuali. In quadro talmente caotico, può accadere di tutto. Tradizionalmente, la bassa partecipazione ha sempre premiato il centrosinistra. Questa volta, per esempio, potrebbe accadere il contrario.

A Roma, cosa potrebbe accadere?

La capitale rappresenta il picco di de-sintonizzazione della politica dalle persone. Non dimentichiamo che il Lazio, con le ultime vicende della giunta Polverini, è stato l’epicentro di un terremoto politico senza precedenti. Tuttavia, nessuno dei candidati al Campidoglio ha colto fino in fondo i problemi di scarsa rappresentanza dei partiti rispetto alla esigenze dei cittadini. Detto questo, proprio per i fenomeni di malcostume che hanno connotato l’ultima fase del governo regionale, il centrodestra parte in svantaggio. Fermo restando che in situazioni caotiche può accadere di tutto.

 

Considerando la bassa affluenza, quali saranno le ripercussioni di queste elezioni sulla politica nazionale?

Non credo, francamente, che ce ne saranno. Proprio in virtù del caos che connota il sistema, nessuno ha la sicurezza di vincere alcunché modificando la situazione. Nessuno, quindi, data l’incertezza, premerà per andare a elezioni anticipate. Per ora, conviene a tutti mantenere lo status quo. Anche all’M5S. Qualunque sarà il risultato, quindi, si farà finta di nulla.

 

Eppure, nel Pd, in molti mal sopportano l’alleanza con Berlusconi. Non crede che un eventuale sconfitta del centrosinistra potrebbe potenziare la frangia che chiede le elezioni anticipate?

Non è verosimile che il Pd, proprio nel momento in cui è spaccato, sia talmente autolesionista da tornare alle urne. Nessuno vuole andare al voto per essere cancellato da un processo caotico.

 

(Paolo Nessi)