Il primo trimestre è quello più difficile per le compagnie aeree. E per Alitalia tale dinamica è stata confermata in pieno. Il bilancio dei primi tre mesi del 2013 è molto complicato da un punto di vista finanziario, mentre è positivo da un punto di vista del mercato. Partiamo dalla notizia negativa. La liquidità è ormai pari a 159 milioni di euro: un numero estremamente basso nonostante l’aumento di liquidità dovuto al finanziamento dei soci di 95 milioni di euro.
Al netto di questo ultimo finanziamento, che si ricorda non è stato un aumento di capitale, ma solo un prestito da parte degli azionisti, i soldi nelle casse di Alitalia sarebbero quasi finiti. La perdita netta del primo trimestre è stata di 157 milioni di euro, superiore sia al dato del 2012 che del 2011. Due anni fa, ultimo anno di gestione Sabelli, infatti, la perdita era stata di 88 milioni di euro, mentre il rosso si era aggravato lo scorso anno, quando le perdite erano state pari a 131 milioni di euro.
La liquidità è dunque pari alla perdita che si è registrata nel primo trimestre di questo anno. Un dato molto preoccupante, che però deve tenere in considerazione il fatto che i prossimi due trimestri saranno quelli meno preoccupanti, grazie alla stagionalità. I problemi arriveranno nel mese di agosto, quando le prenotazioni estive verranno meno, mentre i costi non potranno scendere, perché i tagli sono già stati fatti.
È sbagliato pensare che Alitalia sia deficitaria nel lato dei costi. I problemi arrivano dal lato competitivo – con una presenza delle compagnie low cost molto forte – e dalla strategia errata del Piano Fenice. Può sembrare strano, ma gli errori scritti nel piano di rilancio di oltre quattro anni fa pesano estremamente sull’andamento economico odierno. Puntare sul corto-medio raggio con aeromobili “ereditati” da AirOne è stato l’errore più grave della compagnia. A questo errore il management ha cercato di porre rimedio, costruendo poco a poco negli ultimi tempi un sistema di hub and spokes su Roma Fiumicino. Ma per fare un hub, ci vogliono aerei a lungo raggio e Alitalia non ha le risorse necessarie per questo, a causa della debolezza dei soci italiani. Senza nuove risorse, il futuro è segnato.
La notizia migliore arriva invece proprio dai dati di traffico. Il load factor è salito sopra il 70%, nonostante la stagionalità avversa, e l’aumento dei ricavi è stato consistente proprio nel mercato intercontinentale. Il tentativo di creare un hub and spokes su Roma Fiumicino, nonostante gli scarsi mezzi, stava cominciando a dare i suoi frutti. Il traffico di connessione stava alimentando abbastanza bene i voli intercontinentali, sui quali si è visto l’effetto, tenendo conto del dato dei ricavi.
Tuttavia è necessario parlare al passato, perché due recenti innovazioni legislative di fatto rischiano di condannare Alitalia alla morte. Il primo è l’aumento delle tasse aeroportuali su Roma Fiumicino. Tale incremento di circa 10 euro a passeggero – più elevato proprio sui voli intercontinentali – colpisce direttamente il sistema di hub and spokes che stava creando la compagnia, poiché i passeggeri in transito pagano doppio questo aumento di costo. Tale aumento di tariffa, quindi, introduce uno svantaggio competitivo per Alitalia nei confronti degli altri hub europei e incide sui conti per quasi 100 milioni di euro l’anno.
Inoltre, la Regione Lazio ha deciso di introdurre l’Iresa, l’imposta sulle emissioni sonore. L’impatto è enorme, perché costerà ad Alitalia quasi 30 milioni di euro l’anno e ancora una volta tale tassa sarà più pesante proprio per i voli intercontinentali. Solamente il 10% dei ricavi di questa imposta di scopo andranno per misure di contenimento del rumore, mentre il 90% serviranno a coprire il “buco” di bilancio della Regione Lazio.
C’è da chiedersi quanto possa resistere Alitalia a questi nuovi balzelli, ma c’è da chiedersi se il legislatore è cosciente delle proprie scelte. Esiste il rischio che Alitalia abbia serie difficoltà alla fine dell’estate, ma la politica evidentemente non se n’è ancora accorta.