Tre sparatorie, tre morti e un ferito gravissimo. Ecco il bilancio di martedì 28 maggio, dove a Roma città e sul litorale laziale sono state uccise a colpi d’arma da fuoco tre persone. Il primo è stato un pensionato di 62 anni, Claudio D’Andria, freddato con un colpo in fronte poco prima delle sette del mattino, quasi nell’androne di casa sua, nel quartiere Collatino, dove stava facendo ritorno dopo aver portato a spasso i cani. Poi è stato il turno, alle 18.30, del 40enne Gianpiero Rasseni, ucciso a Focene davanti a moglie e figlio da qualcuno a cui lui stesso aveva aperto la porta. E, infine, quello del giovane Daniele Righini, di 23 anni, cui il killer, ad Anzio, ha sparato mentre era alla guida della sua auto, colpendo anche il ragazzo che era seduto nel posto del passeggero, Massimiliano Cencioni di 22, ricoverato in condizioni gravissime.



Tre esecuzioni in piena regola, con tanto di killer che si dilegua nel nulla a bordo di uno scooter. Tre episodi rosso sangue cui si affianca il rocambolesco sequestro, nella chiesa romana di san Saba, di quattro preti e una sacrestana, minacciati con pistole da due uomini camuffati da donna che sono fuggiti con un bottino di 6mila euro, i soldi delle offerte. Esplosioni di violenza in quattro diversi punti della Capitale e certamente non riconducibili a una matrice comune come ci spiega la giornalista di Repubblica Flaminia Savelli, autrice del libro “Misteri, crimini e delitti irrisolti di Roma” edito da Newton.



Tre esecuzioni in un giorno solo e una rapina da film: è tornata la mala romana?
In realtà questi sono quattro episodi completamente slegati tra loro, avvenuti in località diverse e distanti tra loro, due sul litorale e una in periferia, e che fotografano una situazione della criminalità romana dietro alla quale non vedrei la mano di una comune organizzazione.

Sono quindi tutti delitti a sé e non riconducibili, ad esempio, a qualche organizzazione criminale che ha in mano il traffico della droga?
Sì, sono casi riferibili a una criminalità circoscritta, quasi “di quartiere”, composta da piccoli gruppi indipendenti tra loro che fioriscono autonomamente. Sono già alcuni anni che si parla del fatto che la “piazza romana” dello spaccio, ad esempio, è in mano a tante piccole cosche, spesso nemmeno italiane, che si dividono il territorio. 



Quindi la preoccupazione in merito all’esplosione di violenza nella Capitale è ingiustificata?

Se abbiamo paura che dietro a questi delitti ci possa essere lo spadroneggiare di qualche banda di narcotrafficanti che miete vittime ovunque la risposta è sì. Può succedere che sul litorale ci siano delle sparatorie legate al traffico di stupefacenti, ma la maggior parte dei delitti a Roma è attualmente legata ad altri motivi, soprattutto di natura passionale, come sembra sia quello del ragazzo ucciso ad Anzio. E non sono solo gli omicidi a movente passionale ad essere in aumento, ma anche le rapine, come si è visto per quanto riguarda il sequestro in canonica.

In che senso?
I dati dicono che per colpa della crisi economica la microcriminalità è notevolmente in cresciata, basti pensare al crescente tasso di rapine a mano armata in gioiellerie e i furti in ville. Non solo ci sono più rapine, ma anche meglio organizzate: i due uomini che hanno fatto irruzione a san Saba avevano curato tutto nei dettagli, arrivando persino a mettere in scena un travestimento.

È allarme sicurezza?
Sicuramente non perché c’è una grande organizzazione che manovra tutto dall’alto, come fece la famosa Banda della Magliana negli anni 80, ma più che altro perché adesso anche piccole cellule criminali possono agire da sole, data la facilità con la quale è possibile procurasi delle armi sul mercato nero e, soprattutto, data la leggerezza con cui attualmente si preme il grilletto per sparare.