Papa Francesco ha messo il dito sulla piaga; come ha spiegato il 5 maggio in occasione della recita del Rosario nella basilica di santa Maria Maggiore, ha messo in campo un tema delicatissimo, che tutto giudica: dall’economia alla sociologia, dalla difesa della vita agli attacchi alla famiglia. Lo ha chiamato: “La filosofia del provvisorio”. E ha ripetuto per ben due volte un concetto che spiega bene di cosa si tratta: “Quanto è difficile nel nostro tempo prendere decisioni definitive!” Lo ha ripetuto e lo ha ribadito: “E’ tanto difficile impegnarsi nella vita definitivamente”.
Come non vedere in queste parole una continuazione del pensiero di Papa Ratzinger quando puntava il dito contro l’ideologia del relativismo? Ma qui dal piano filosofico saliamo a quello sociologico: l’ideologia del provvisorio, figlia di una società che ha oscurato la speranza e i grandi ideali, è quella che da ormai cinquant’anni almeno impedisce alle generazioni di pensare in grande, di formulare ipotesi, di costruire sistemi, città, opere che durino nei millenni.
Non erano figli dell’ideologia del provvisorio i contadini delle campagne toscane che cento anni fa costruivano abbeveratoi per gli animali fatti di pietra, o di solida costruzione, che sarebbero serviti per gli animali dei loro discendenti che essi non avrebbero certo nemmeno mai conosciuti. Ma quale speranza anzi quale promessa avevano ricevuto questi antichi costruttori per pensare alla grande anche in cose umili?
Oggi siamo figli dell’usa-e-getta. Tutto va usato e consumato per ”far girare l’economia”. Basta che l’economia giri e non ci si rende conto che il consumo all’infinito e la creazione di un prodotto interno nazionale ogni anno maggiore all’infinito sono un’utopia. Ma ci si accontenta. E i giovani di questa attuale generazione mostrano questa perdita di capacità di pensare alla grande: dall’inizio della storia del mondo, sono la prima generazione che non contesta la generazione precedente accusandola di “essere arretrati” ; no, la contestano per motivi puramente (e anche giustamente) economici, cioè legati alla sopravvivenza: la mancanza di lavoro, la scarsità di risorse.
Il Papa mostra in questo suo breve richiamo sfuggito a molti di essere modernissimo e attentissimo: “Ci seduce il provvisorio. Siamo vittime di una tendenza che ci spinge alla provvisorietà… come se desiderassimo rimanere adolescenti. È un po’ il fascino del rimanere adolescenti, e questo per tutta la vita!” Che affresco veritiero: oggi l’ideale della vita è l’essere “giovane”: un tempo era essere adulto o essere l’anziano del villaggio o della famiglia. Ma attenzione: dire “giovane” oggi non è dirlo come si diceva una volta: un tempo era giovane chi si preparava a costruire, a far famiglia, chi progettava; oggi è giovane chi vive nel provvisorio. E consuma come gli impone la pubblicità e i mercati.
Famiglie provvisorie, legami provvisori! E scomparsa di tutto quello che poteva dare un tono di responsabilità alla vita a iniziare dai figli: chi ne fa più (se non rimpiangere quando è troppo tardi e di qui il boom della FIV!)?
“Non abbiamo paura degli impegni definitivi, degli impegni che coinvolgono e interessano tutta la vita! In questo modo la vita sarà feconda! E questo è libertà: avere il coraggio di prendere queste decisioni con grandezza”. Questo è il richiamo del Papa. Non per obbedire ad una legge, ma per amore. Perché la vita vale per essere data, per “essere fecondi, essere aperti alla vita e essere sempre fecondi di bene, fecondi di gioia, fecondi di speranza, a non perdere mai la speranza, a donare vita agli altri, vita fisica e spirituale”.
E’ un richiamo a costruire e progettare: vale per tutto: dalla politica che cessi di essere miope all’architettura, che progetti in grande, alla famiglia, che torni ad essere motore della società pieno di speranza e fecondità.
A chi specula sulla provvisorietà per vendere bene ogni giorno più deperibili e di breve vita, e a chi vuol tenere la popolazione in uno stato di perenne e “giocosa” fanciullezza, queste parole non piaceranno.