Siamo arrivati alla tornata dei ballottaggi per le elezioni amministrative, in cui spicca per importanza la vittoria in Campidoglio, a Roma, nel confronto, testa a testa, tra il sindaco uscente di centrodestra Gianni Alemanno e il candidato del centrosinistra allargato a Sel di Nichi Vendola, Ignazio Marino, che al primo turno ha preso un vantaggio di ben 12 punti.



Ci si è un po’ immersi in analisi piuttosto complicate sul risultato delle amministrative, soprattutto quelle di Roma, anche se si è in attesa di risultati importanti in città come Brescia e Treviso, ad esempio. Come se il candidato del centrosinistra, vincendo, potesse indicare una strada diversa rispetto al governo di Enrico Letta delle larghe intese. In altri termini Ignazio Marino, eletto con un centrosinistra allargato, potrebbe rappresentare un contraltare “virtuoso” al Partito democratico che invece in Parlamento ha dovuto trovare un accordo “forzato” con il Pdl, il partito di Silvio Berlusconi.



E allora le analisi si sprecano, ma sembrano un “passatempo” politichese rispetto a quello che il governo deve affrontare. Intanto si dovrebbe fare attenzione a un dato allarmante: a Roma è andato al voto il 53 percento degli elettori. Sintomo di una diserzione che continua e rafforza la prima forza politica del Paese, cioè l’assenteismo. In tutti i casi, per dovere di cronaca, affrontiamo il tema con un romano, un romanista, un grande giornalista, attualmente editorialista del Corriere della Sera, Paolo Franchi.

Può avere un’influenza sul governo o sugli equilibri politici italiani il risultato elettorale del Campidoglio?
Direi che non mi sembra affatto decisivo, per usare un eufemismo. Che cosa può cambiare? Visto dalla vigilia il risultato delle amministrative romane mi pare scontato, a meno che non accadano cose che al momento appaiono come fuori dal mondo. Credo che Marino diventerà sindaco di Roma. E devo osservare come per il candidato di centrodestra, l’attuale sindaco uscente Gianni Alemanno, lo stesso Berlusconi, il leadr indiscusso del centrodestra, non si sia speso molto. Qui bisognerebbe rifare il discorso sull’impatto del Cavaliere nelle consultazioni elettorali, quando c’è e quando non c’è. Detto questo non mi sembra proprio che questo risultato possa procurare contraccolpi al governo.



Probabilmente Enrico Letta e i suoi ministri del governo delle “larghe intese” hanno bel altri problemi da affrontare.
Direi proprio di si. I problemi stanno altrove e sono concentrati soprattutto su un nodo che non si riesce a sciogliere.

Quale esattamente?
Guardi, di problemi ce ne sono. Esiste sempre la questione giudiziaria di Silvio Berlusconi, ci sono i problemi di riforma istituzionale. Ma non nascondiamoci dietro a queste cose. Il punto cruciale resta la crisi economica e sociale del Paese e quale futuro ci aspetta, verso quale futuro va incontro l’Italia. I segnali che arrivano non sono affatto confortanti.

Beh, su qualche punto questo governo si è mosso: la sospensione dell’Imu, la prospettata riforma di Equitalia, la volontà espressa per le riforme istituzionali, persino un dibattito sul presidenzialismo o il semipresidenzialismo.

Staremo ad aspettare le riforme istituzionali, anche se, a meno di fatti sorprendenti, non credo che si riesca a realizzare una svolta come il semipresidenzialismo. Poi va bene affrontare la questione dell’Imu, va bene la questione di Equitalia, ma qui ci vuole ben altro rispetto ai dati che vengono settimanalmente sfornati e alla situazione economica e sociale che si vede nel Paese. In più si parla di una nuova estate problematica sui mercati.

A che cosa si riferisce in particolare?
Guardi, io sono rimasto stupito dalla manifestazione dei lavoratori di Terni. In questo caso non ci si trova di fronte ai “movimentisti” contro la Tav, ma a operai di lunga tradizione, ben sindacalizzati. E poi sono rimasto stupito di fronte alle parole del presidente dei giovani industriali pronunciate al convegno annuale di Santa Margherita. Jacopo Morelli, tutto ben vestito, arriva a dire: “Senza prospettive per il futuro, non resta che la rivolta”. Beh, insomma, mi sembra che qualche preoccupazione debba nascere in tutti.

Il nodo centrale è quindi la questione economica, con tutti i suoi risvolti sociali, la mancanza di crescita e di lavoro, l’ossessione di uscire da questa politica di austerità che impone l’Europa, con la Germania in testa.
Insomma, non è che si debba passare per dei “liberal” americani keynesiani, ma penso che molti si siano accorti che questa politica del rigore sia stata una scelta sbagliata. Persino il Fondo monetario internazionale, cioè non un gruppo di neokeynesiani anglosassoni, ha giudicato più o meno una “porcata” quello che è stato fatto in Grecia. E allora, come si può andare avanti in questo modo?

Ma per arrivare a una svolta reale ci vuole un confronto duro in Europa, uno showdown con la Germania, una correzione di questa politica.
Eccoci arrivati al punto, che non è affatto semplice affrontare e che non so come potrà affrontarlo il governo, questo governo. Quindi va bene l’Imu e Equitalia, ma non fermiamoci ai “pannicelli caldi”. Qui si tratta di fare scelte coraggiose, magari ricorrere all’intervento pubblico, pensare, se è ancora possibile dirlo, a scelte di politica industriale, in un contesto culturale ed economico dove, purtroppo, chi parla di politica industriale, non parliamo di programmazione per carità, viene scambiato per un bolscevico. Eppure qualche scelta bisognerà farla, cercando pure di guardare autocriticamente a quello che è stato fatto in questi venti anni da tutta la classe dirigente di questo paese, imprenditori compresi. Va bene discutere anche sulle riforme del lavoro, ma il punto principale è creare lavoro. Io spero di non vedere l’intreccio di una crisi finanziaria, economica, sociale che si affiancano a una crisi politica. In genere queste situazioni, storicamente parlando, si sono rivelate “tempeste perfette” con conseguenze drammatiche.

A questo punto gli equilibri politici, le “punture” al governo, l’affare Renzi, non sembrano proprio più determinanti.
Possiamo definirli tutti epifenomeni. Non mi occuperei delle manovre di Renzi sul governo o sulla segreteria del Pd. Non mi occuperei di una dichiarazione “stonata” di Renato Brunetta. C’è ben altro a cui guardare in questo momento. Alla fine la vita, la durata e l’efficacia di questo governo si misura di fronte alla crisi che stiamo attraversando e a come possiamo pensare di uscirne. Almeno una indicazione su dove dovremmo andare sarebbe necessaria.

(Gianluigi Da Rold)