Al Liceo Socrate di Roma i vandali che hanno appiccato il fuoco a otto aule, distruggendo tutto quel che hanno potuto con atti di vandalismi, hanno fatto danni per 200.000 euro. Una scuola “simbolo per l’uguaglianza, i diritti e le inclusioni grazie alle iniziative promosse”. E dire che pensavo fossero prerogativa di ogni scuola. No, il liceo Socrate era “un’istituzione radicata”, fatta oggetto di “un atto di terrorismo”, ha prontamente dichiarato il neosindaco. Su cui niente da dire, è di sinistra, ha il curriculum giusto. Tout se tient: erano già comparse, tempo fa, scritte omofobe, su quella scuola e l’equazione è spontanea: un raid politico, altro che dialettica, sicuramente di impronta razzista, fascista. Si sa, quella gente negli ultimi tempi è stata protetta, col sindaco che c’era prima, di cui è nota la storia personale e partitica…
Poco importa che Alemanno abbia più di cinquant’anni, abbia cambiato parole gesti e stile rispetto alle intemperanze giovanili che hanno coinvolto drammaticamente la sua generazione, dall’una e dall’altra parte. C’è una parte che ha maggior colpa, che non può mai voltare pagina. Un marchio, “destra”, che è un’infamia, e se si tratta di destra liberale, che lecitamente è andata e va al governo in Italia e in altri paesi europei non conta. Siamo sempre alla Resistenza, sempre alla guerra tra partigiani e repubblichini, sempre. Chi non ha mai visto scritte omofobe sui muri, sulle pareti dei bagni di una scuola. Omofobe? “Frocio” è una parola orrenda. Ma anche “troia” lo è. Appellativi poco ortodossi che si concedono generosamente a professoresse illibate e morigerate, ad amabili o impertinenti vecchiette dalla matita rossoblù. O al professore più macho di tutti, ma che ti carica di compiti e ti porta col debito a settembre. O peggio, ti fa ripetere l’anno. Non si giustificano gli insulti alla persona, ma le parole, purtroppo, non hanno più un peso, altrimenti dovremmo pensare che i tanti simboli fallici e relativi epiteti siano un inno alla virilità. No, frocio è un insulto, e voglio credere che al Socrate, come in ogni altra scuola, fosse un insulto. Volgare, stupido insulto, frutto di un’anticultura che dilaga, dagli scranni della politica agli schermi dei cinepanettoni, ai diritti acquisiti dei comici che spopolano in tivù.
Purtroppo, i nostri ragazzi parlano così, si sbeffeggiano e si odiano così. Purtroppo, non hanno adulti che sappiano insegnare loro il significato profondo, di ogni parola, e ad usarla a proposito. Ho visto amici carissimi di membri della comunità ebraica dare dell’”ebreo” a un compagno più tirchio. Definire con disprezzo “zingara” una compagna un po’ troppo disinibita. Allo stadio “negro” è un grido odioso, ma Balotelli lo amano tutti, e magari potesse essere l’idolo di qualsivoglia tifoseria. Anni fa andava di moda come epiteto a stigmatizzare una certa dabbenaggine il termine “mongoloide”. Ci è voluto un grande medico, un sant’uomo, Jerome Lejeune, per scoprire con la sindrome di Down che i mongoli non sono meno uomini e donne, non sono meno da amare e curare, e che la Mongolia non centra nulla. Ci sono voluti anni, decenni, e i pregiudizi non sono finiti.
Eppoi, tornando al Socrate: dopo qualche giorno, si scopre che al Liceo i danni li hanno compiuti non squadracce fasciste addestrate dai circoli di destra della capitale, ma quattro ragazzi, quattro studenti fuori di testa, per l’alcool e la rabbia di essere stati bocciati. Quattro stupidi che non pensavano di scatenare quel putiferio, che non credevano di meritarsi addirittura la patente di terroristi. Quattro ragazzi che qualcuno avrà pur cresciuto, tentato di educare, e magari avrà compianto per l’ingiusta condanna scolastica. Mi sembra di sentirli, genitori sempre propensi ad accondiscendere, a proteggere, sfogarsi a cena dando della troia o del frocio ai membri del collegio docente. Significa che l’omofobia non esiste? Esiste, ma non in questo caso. Esiste, ma leggere la realtà con gli occhi dell’ideologia non aiuta. A pacificare, a fare giustizia, a stare dalla parte del vero.