Un uomo, una donna, un bambino. La prima immagine che ci viene in mente se pensiamo alla parola famiglia. Padre e madre, dolcezza e autorità, liti furiose e, a volte, splendide riconciliazioni. Un concetto essenziale su cui si fonda il nucleo di ogni società. Un concetto semplice, e quasi scontato. Fino a ieri, almeno. Oggi, infatti, ci viene detto che il concetto di famiglia si deve modernizzare. Oggi ci viene detto che l’immagine di padre e madre non rispecchia più la realtà. Oggi ci viene detto che la famiglia naturale è superata. Così ciò che fino a ieri era evidente a tutti, oggi ha bisogno di manifestazioni di piazza per essere ribadito, e l’immagine di padre, madre e figli è diventata il baluardo di una nuova battaglia. La battaglia che porta avanti la Manif Pour Tous Italia, movimento apartitico e aconfessionale, nato nello scorso mese di luglio sulla scia dell’omonima realtà francese, dove è sorto nel 2012, come protesta contro l’ approvazione della legge Taubira sul matrimonio egualitario.
Se Parigi si continua ancora oggi a combattere silenziosamente per difendere la famiglia naturale, a Roma La Manif Pour Tous ha manifestato ieri, in piazza Santi Apostoli, per mobilitare i cittadini di tutte le confessioni religiose, politiche e culturali nella difesa della famiglia naturale e nella protesta pacifica contro il ddl Scalfarotto sull’omofobia e transfobia, in discussione alle Camere. Un disegno di legge che istituisce il reato di discriminazione per motivi fondati sull'”omofobia” o “transfobia”, in aggiunta a quelli razziali, etnici, nazionali o religiosi, tra cui rientrerebbero anche gli atti volti alla diffusione di un’opinione contraria al matrimonio omosessuale (e all’adozione o produzione mediante fecondazione artificiale di figli). Chi sostenesse l’unicità della famiglia naturale potrebbe quindi essere accusato di omofobia e punito con la reclusione fino a quattro anni. Il passo verso il reato d’opinione, e la violazione della libertà di pensiero, civile e costituzionale è quindi brevissimo.
Ieri in piazza Santi Apostoli a Roma sono scesi giovani, meno giovani e giovanissimi, uomini e donne, padri e madri con figli al seguito, in un tripudio di palloncini colorati, magliette e passeggini. Hanno sventolato le bandiere, issato cartelli, applaudito agli interventi dal palco dei rappresentanti di associazioni e movimenti, da Francesco Belletti a Gianfranco Amato, da Eugenia Roccella a Luca Volontè, contro una legge definita ideologica, contro il reato di opinione, per ribadire che la famiglia fondata sul matrimonio è il nucleo della società, come previsto anche dall’articolo 29 della Costituzione.
In tanti hanno avuto la possibilità di sentire dal palco le parole di Jean Pierre Dealume-Myard, portavoce del movimento francese Homovox, collettivo di omosessuali francesi che si sono schierati contro la legge Taubira: “Il mio impegno non ha niente a che vedere con il mio orientamento sessuale – ha detto − queste leggi stesse stanno creando omofobia, non chi scende in piazza”. Da lui, rappresentante degli omosessuali, contrari alle lobby gay, parole che inquadrano la realtà: “Noi omosessuali non chiediamo alla società un bricolage legislativo per cambiare la realtà. Un bambino non è merce di scambio, né carne da macello, è un essere umano che ha diritto a conoscere l’origine culturale, geografica, sociale e religiosa dei suoi genitori”.
Voci ed esperienze diverse, impegnate a ribadire lo stesso pensiero, a difendere la stessa realtà, a lanciare a tutti l’appello ad impegnarsi per difendere la libertà di pensiero. Ma anche per difendere la verità, per fermarsi a pensare, per usare la ragione, e vedere la realtà oltre l’ideologia. Perché − piazza Santi Apostoli lo ha confermato − combattere per la famiglia naturale vuol dire combattere per il futuro della società, e per il rispetto del passato e del presente di tutti noi. Perché tutti veniamo da un padre e una madre, e non c’è legge che possa cambiare questa realtà.
(Maria Elena Rosati)