Un Papa normale, Francesco. Non un supereroe. Per esempio: se sei disoccupato o in cassaintegrazione non piomba nel consiglio di amministrazione della tua azienda per proporre un nuovo piano di investimenti o comandare la reintegrazione delle forze lavoratrici, ma ti si mette accanto, condivide la tua angoscia e leva la sua voce per dire che “il lavoro non può mancare”, perché “sorgente di dignità e preoccupazione centrale per tutti”. Che poi è quello che ha fatto ieri, durante l’udienza generale, evento che nel suo magistero ha preso il ritmo delle catechesi dei buoni parroci di campagna: enunciazione della Verità di fede, spiegazione e interrogazione finale. Che Bergoglio sia un esperto di maieutica non c’è dubbio: ha una arte tutta sua nel catturare l’attenzione dei fedeli, nel farsi seguire attraverso dogmi e dottrina, nello svolgere con semplicità evangelica i grandi misteri del cristianesimo, nel sorprendere con riferimenti e immagini pescati dalla vita in cucina o dalle discussioni nel tinello di famiglia. Tutto questo fa sì che la sua comunicazione sia diretta, efficace e trasformante. In una parola familiare. Ieri spiegava la Cresima, Sacramento snobbato nella precoce iniziazione cristiana, liquidata quasi sempre con la prima comunione, momento di passaggio tra l’infanzia e l’adolescenza infiocchettato da pizzi, merletti e costosi regali high-tech. Da buon parroco sa bene che dopo aver preso l’Eucarestia, bambini e genitori scappano dalla parrocchia, disertano gli incontri e alla messa domenicale preferiscono la partita di calcio o le gare di nuoto. Quindi ha raccomandato di cresimare i ragazzi, di completare il cammino di salvezza iniziato con il Battesimo e di far ricevere quello Spirito Santo che tanto aiuta proprio nella vita di tutti i giorni. Ancora una volta è entrato nelle dinamiche familiari, nelle discussioni intorno ai piatti della cena, quando mamma e papà programmano la prima comunione per i figli e poi la cresima, districandosi tra lezioni di flauto, sedute di logopedia, visite dal dentista e catechismo. Chiunque abbia dei figli sa di cosa parlo, di quella corsa affannosa ad educare, tentando di non lasciare indietro nulla né il corpo gracilino o pingue, né lo spirito insidiato da videogames e fumetti manga, delle proprie creature. Bergoglio, da perfetto pastore, conosce le sue pecore. Sa persino che non ricordano i sette doni dello Spirito Santo. Non provateci, scommetto che non li ricordate neanche voi. Io in genere mi fermo a “fortezza”, infilandoci anche “prudenza” (che invece è una virtù cardinale).
Il Papa ieri le ha snocciolate a beneficio della piazza: Sapienza, Intelletto, Consiglio, Fortezza, Scienza, Pietà e Timor di Dio. In pratica tutto ciò di cui si ha bisogno per sopravvivere e diventare adulti. Doni che trasformano il cuore, lo rendono pronto a riconoscere l’azione di Dio nella propria vita e la presenza di Cristo nell’istante. Eppure in genere finiscono nel dimenticatoio delle Verità belle e inutili, nell’olimpo delle conoscenze astratte, tra i reperti archeologici di una cultura residuale. La grandezza di Francesco è nell’averli proposti come strumenti indispensabili non solo per la vita cristiana, ma per la battaglia dell’esistenza. E ad ognuno nelle prossime settimane dedicherà catechesi da non perdere. Il Papa normale ha la pretesa di portare Cristo nella nostra intimità. E’ il genere di persona che se entra a casa tua ti chiede che detergente usi per il bagno oppure se fai bollire la patate prima di spelarle. E allo stesso tempo ti ricorda che niente avrebbe senso senza la possibilità di Cristo nella tua vita. Per questo è credibile quando si indigna per le famiglie che finiscono dagli strozzini, perché non riescono a pagare il mutuo (lo ha fatto ieri al termine dell’udienza generale salutando la Consulta Nazionale Antiusura) oppure quando esprime vicinanza ai 130 lavoratori della Shellbox di Castelfiorentino, azienda in fallimento, con la cassaintegrazione in scadenza e gli operai in presidio permanente da oltre un anno (ancora ieri sempre nei saluti ai fedeli di lingua italiana). Un Papa che non scavalca i muri, anche se ultimamente ci finisce sopra negli abiti caricaturali da superman, ma che comprende la fatica del vivere. Testimoniando che ne vale la pena.