Stavolta ha costretto l’intera piazza San Pietro a fare l’esame di coscienza. Francesco delle meraviglie si è trasformato in buon catechista durante l’udienza del mercoledì, e tra battute, aneddoti ed esempi terra terra, ha dichiarato che ci vuole tutti santi. 

La santità è facile spiegata dal pontefice argentino. Uno status alla portata di tutti. Un dono che tutti possono ricevere a patto di riscoprirsi in comunione con Dio, “nella pienezza della sua vita e del suo amore”. La chiesa santa è bella, la chiesa dei santi è più bella. E non bisogna essere né vescovi, né preti né tantomeno religiosi. Bisogna anche togliersi dalla testa che occorra una precisa disposizione d’animo, una riserva di preghiera speciale, un ambito dedicato. Si diventa santi nella propria quotidianità.



Intendiamoci, il concetto non è nuovo. Ricordo una bellissima catechesi di Benedetto XVI, una delle ultime, che registrava i tanti uomini e donne che nel nascondimento vivevano in santità. Ma nessuno prima di Francesco si era azzardato a dire che la santità non è “chiudere gli occhi e fare la faccia da immaginetta”. 



Quando lo ha dichiarato, anche un po’ agitato, davanti ai fedeli riuniti sotto l’insperato e improbabile sole romano, ho pensato ad una foto in cui mia sorella ed io, vestite orribilmente anni 70, con i capelli dietro le orecchie e in atteggiamento pio, siamo colte dalla macchina fotografica di mio padre mentre davanti ad un altarino improvvisato e casalingo, preghiamo la Madonna durante il mese di maggio. 

Eravamo bambine, certo, gli occhi iniettati dal rosso del flash contribuivano a regalarci quell’aria vagamente mistica che in alcun modo ci apparteneva, e speravamo di ingannare con una improvvisata aria da madonnine i nonni e gli zii a cui la foto sarebbe stata mandata, per far crescere l’orgoglio familiare e rassicurare sul nostro futuro da brave cattoliche. Che poi la nostra vita fosse un’interminabile sequela di capricci, litigi e piccoli innocenti peccati poco importava. L’irrequietezza aveva trovato una momentanea sospensione e a nostro padre, lui sì davvero santo, tanto bastava. Ma ogni volta che io e la mia consanguinea abbiamo bisogno di ridere a crepapelle, riprendiamo in mano quella foto, oscena nella sua palese menzogna. 



E’ evidente che tutti noi nel cassetto, abbiamo lo scheletro di un maldestro tentativo di acchiappare l’aureola senza fare sforzo alcuno. Forse perché pensiamo, a torto, che la santità sia cosa impegnativa. Invece, e lo dice il Papa, non bisogna poi fare molto, tranne “compiere con onestà e competenza” il proprio lavoro e offrire “del tempo al servizio dei fratelli”. Francesco oggi ha gridato che “dove si lavora si può diventare santi”. E non fatico a crederlo. In qualche caso a mio giudizio anche martiri. 

Ma ironia a parte è importante rilevare questa “popolarizzazione” della santità, questa volontà di renderla raggiungibile al più alto numero di persone, masticabile, agguantabile, abbracciabile. In una parola vivibile. Si può essere santi. La strategia è quella delle 3P, vale a dire “piccoli passi possibili”. Il copywriter ovviamente non è mio, ma una santa modernissima come Chiara Corbella Petrillo (la mamma straordinaria nata al cielo due anni e mezzo fa dopo avere ritardato le cure aggressive per un bruttissimo tumore e così far nascere il suo bambino) l’aveva rispolverato per raccontare la sua strada di obbedienza e amore alla Croce. 

Piccoli passi, ha ripetuto ieri Bergoglio, con le sue scene tratte dall’immaginario e il vissuto di un ultrasettantenne dal cuore giovane: la signora che va al mercato a fare la spesa e incontra la vicina con cui sparlare e che poi rinuncia alle chiacchiere per diventare santa; oppure il papà che stanco morto di lavoro non se la sente di ascoltare le “fantasie” del suo bambino e che invece trova la pazienza e la forza necessaria per mettersi accanto al piccolo a giocare. 

E ancora la preghiera a fine giornata appannata dalla fatica, la bella confessione domenicale che “pulisce”, il bisognoso in strada con cui fermarsi per diventare “persone migliori, libere dall’egoismo, aperte al mondo”. Tutti dobbiamo vivere secondo la Grazia ricevuta, “mettendola al servizio degli altri, come buoni amministratori” come raccomanda San Paolo. E il Papa ci vuole così semplici e santi, capaci di prendere il rosario in mano e pregare la Madonna “tanto buona, tanto bella”. Qualcuno storcerà il naso per l’apparente banalità. Ma siamo sicuri che non nasconda una profondità abissale? 

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