Beccata! Lo ammetto: sono colpevole. Anche io quando vado a Messa mi guardo in giro, do un’occhiata intorno, analizzo l’outfit della signora seduta al banco davanti, la mise di quella dall’altra parte della navata, scruto la borsa della vicina o il cappello della vecchina in terza fila. Insomma mi distraggo, lasciandomi deconcentrare da profumi, odori, colori, fili di lana o felpe, scarpe e calze smagliate. Sì, sono una di quelle che in chiesa osserva e qualche volta chiacchiera sui vestiti altrui. Magari invidio anche. Perché non è detto che certe frequentazioni ecclesiali non possiedano stile ed eleganza. 



Quando ieri, Francesco, tenendo la sua catechesi in una piazza San Pietro affollata di fedeli e finalmente soleggiata, ha chiesto con insistenza chi si “preoccupava di chiacchierare” alla Messa su come “era vestita quella o questa”, ho avvertito il crampo allo stomaco di quando la mamma mi pizzicava a smangiucchiare i torroncini prima di cena (a casa mia la marmellata non è mai andata molto, troppe poche calorie). Mi sono ritrovata in pieno nel quadretto esilarante e persino un po’ meschino messo su da Papa Francesco con abituale ironia e saggezza. 



È ovvio che un Papa sia stato prima che cardinale e vescovo anche parroco, ma non finirò mai di stupirmi della conoscenza di vizi, virtù e tic del popolo di Dio che Bergoglio sfoggia. Per spiegare come si partecipa alla Messa e che cos’è una Messa, ha portato tutti tra le panche di quelle parrocchie di quartiere o di paese, tra gli sguardi dei fedeli annoiati, dentro i sussurri delle beghine dalle labbra strette, nel chiacchiericcio delle ragazzine vestite a festa, pronte alla sfilata della domenica, tra ceri e incenso. E ha narrato la fenomenologia del cristiano alle prese con la celebrazione eucaristica. 



Un tentativo, quello di Francesco, di ri-alfabetizzare il popolo cattolico. E in questo modo ha offerto anche la tecnica di screening, vale a dire un test per verificare chi ha capito cosa va a fare in chiesa e chi no. Tre indizi, come li ha chiamati lui. Il primo per capire se viviamo per bene l’Eucarestia è il modo di guardare e considerare gli altri. E anche qui ho avvertito un certo disagio. Perché quando partecipo alla Messa seguo la preghiera dei fedeli, faccio mie le intenzioni comunitarie, ma, diciamo la verità, penso soprattutto ai fatti miei, e assedio il Signore con la mia questua, che in genere è concentrata su pochi, personalissimi, elementi. Ebbene per Papa Bergoglio, invece, bisogna essere capaci di “sentire” gli altri come fratelli e sorelle, portare i drammi e le gioie di giovani, anziani, bambini che non si conoscono nel proprio rapporto con Gesù. 

L’Eucarestia, ha spiegato, fa “crescere la capacità di gioire con chi gioisce e di piangere con chi piange”. Una indicazione decisamente impegnativa. Che poi il Papa non viva sull’iperuranio è una verità confermata dalla sua attenta percezione di cosa gli accade intorno: non solo ha avvertito l’uggiosità del tempo e il fastidio della pioggia incessante che martella Roma da settimane, ma ha portato l’esempio di chi in questi giorni di maltempo ha subito disagi o danni. Si è preoccupato di chiedere ai fedeli di tenere le vittime dei disastri metereologici nel cuore nel momento in cui “assaggeranno” Gesù. 

E poi il secondo indizio del test: “la grazia di sentirsi perdonati e pronti a perdonare”. Qui la faccenda si fa più tosta, e credo sia evidente. Tutti abbiamo bisogno di Misericordia, e se siamo minimamente onesti con noi stessi, lo ammetteremo senza riserve. Più complicato trovare la forza di perdonare. Comunque il magnifico pontefice si è concentrato, per nostra fortuna, solo sulla prima parte, consapevole che la nostra riluttanza a perdonare ci fa ricadere, con un tonfo, nella posizione di peccatori, desiderosi di partecipare alla redenzione di Cristo. “Chi non si sente peccatore è meglio che non vada a Messa!”. Ha tuonato Francesco. E dopo quanto detto è chiaro che abbiamo le credenziali a posto. 

Infine terso indizio: rapporto tra celebrazione eucaristica e vita delle comunità cristiane. L’Eucarestia, parola di Papa, è un’azione di Cristo. Anzi è Cristo che agisce sull’altare. Da lì, ha spiegato Bergoglio, “sgorgano la missione e l’identità stessa della Chiesa”. E allora ecco l’ammonimento. Non importa che la celebrazione sia impeccabile, ma che conduca all’incontro con Gesù Cristo. Altrimenti rischia di non portare alcun nutrimento al cuore e alla vita. Credo che abbia molto a che vedere con l’amore. Quando sei con la persona amata non importa dove sei, in un fast-food o in un ristorante stellato a lume di candela. Certo un panorama mozzafiato e un bel tramonto aiuta. Ma se non c’è chi ti riempie il cuore e la vita, la bellezza non colma il vuoto. Senza voler per questo giustificare alcuna sciatteria liturgica, quello che conta è voler bene a Gesù. Fate il test prima della prossima messa.