Ineffabile Ignazio Marino, non finisce mai di stupire la fantasia al potere di questo esimio chirurgo prestato alla politica, di questo ligure prestato alla Capitale per colorire con le sue boutades il suo squallore da fine Impero. Ineffabile Ignazio Marino, che alle soglie dei 60 anni, per il suo compleanno (ier l’altro) ha pensato di regalarsi l’ennesima passerella mediatica, con l’ennesima trovata propagandistica. Guardavo proprio oggi l’elenco degli impegni quotidiani di una sua giornata normale: una gimcana di scuole, inaugurazioni, visite di cortesia, un attivismo encomiabile per supplire all’assoluta impotenza concreta. Non è colpa sua, è appena arrivato, si sa, e il suo capo cordata nel Pd, ora Presidente del Consiglio, ha approvato un salva Capitale che è un cappio al collo, un commissariamento che lascia ben poche possibilità di manovra. Non può che dedicarsi alle ospitate, per far sentire la presenza delle istituzioni, e tocca dargliene atto. Ma basterebbe stringere mani, ascoltare storie e canzoncine di bimbi, limitando le esternazioni e le idee luminose. No, non sa trattenersi.
Ieri era in visita al centro di accoglienza Binario 95, alla stazione, insieme all’amministratore delegato delle Ferrovie, ha inaugurato l’ennesima targa, in memoria di una anziana donna senza fissa dimora morta tanti e tanti anni fa in quel luogo. Un gesto simbolico, “perché nessuno muoia più abbandonato”. Peccato che quando calano le ombre, di clochard se ne accampino da quelle parti decine e decine, che siano in procinto di morire o meno, e nessuno se ne occupa, se non i volonterosi di associazioni e movimenti che li soccorrono con coperte e tè caldo. Ci vorrebbe pulizia e controlli e, fatta la tara di borseggiatori e malati di mente, posti liberi in centri di accoglienza, mense per i poveri, presidi medici. Una città senza risorse economiche non può offrire questi servizi, e li appalta volentieri, gratuitamente, al solito welfare cattolico. Ma Marino ha pensato e escogitato una soluzione geniale: impieghiamo i senza fissa dimora nelle biblioteche pubbliche, perché no? Ogni anno scendiamo sotto col personale per i pensionamenti, chiamiamoli a dare una mano, per trascorrere in maniera produttiva e dignitosa le loro giornate. Fantastico, neanche Mary Poppins scesa da una nuvola avrebbe escogitato di meglio.
A parte la considerazione per i tanti laureati in lettere, specializzati in archivistica, disoccupati sicuri, si sa bene che i senza fissa dimora non sognano altro che un lavoro, gratis et amore Dei, da interrompere qua e là per sfogliare qualche saggio di filosofia, qualche raccolta di poesia; si sa bene che per questo sono dispostissimi a presentarsi puntuali ogni mattina alle 8 lavati e vestiti con decoro, pena la fuga terrorizzata dei pochi frequentatori delle biblioteche capitoline. Neanche nelle favole. E non per la sfiducia di noi malpensanti, per cattiva volontà dei diretti interessati: chi vive in strada non sono soltanto amabili vecchine con la casa in una sporta, anziani sfiduciati dalla sorte che non aspettano altro che un sorriso.
Ci sono tanti sbandati, che hanno scelto la strada per non lavorare, tanti disperati incapaci di badare a se stessi, tanti malati stroncati dall’alcool e dalla droga. Non vogliono neppure essere soccorsi nelle poche strutture della Caritas, rifiutano un letto e un vestito.
L’inclusione sociale è un bello slogan, ma porta con sé sforzi, sacrifici, sconfitte, dinieghi. La dignità non la si affibbia per decreto comunale, la dignità è dentro di noi, quando la si dimentica c’è bisogno di pazienza, misericordia, determinazione, realismo. Provi il sindaco a passeggiare a Termini da solo, di notte, guardi l’umanità sofferente o degradata che vi alberga, si ingegni per tutelarla, e tutelare i cittadini che hanno pur diritto a sicurezza e un po’ di decoro. Chieda aiuto a chi opera, blocchi i lavori della Nuvola di Fuksas e similari inutili specchietti per allodole e scovi qualche euro sprecato. Astenersi perditempo. E soprattutto, ci risparmi dalle prossime trovate: anzi, le anticipiamo noi, così da non lasciargli la primazia. Zingarelli impiegati nella sicurezza alle udienze papali, ora che c’è la canonizzazione di due papi ce ne sarà bisogno; lavavetri agli incroci dirottati al restauro dei monumenti imbrattati di scritte, punkabbestia nei giardinetti a tutela dei giochi dei bambini, borseggiatori utilizzati come controllori sui trasporti pubblici, e via dicendo. La fantasia al potere. Era uno slogan sessantottino. Solo che poi si cresce, a 59 anni.