Caro direttore,
alla soglia dei settant’anni ho preso coscienza di appartenere ad una generazione che è stata “chiamata” a dover viaggiare, restando in piedi, nel trasporto pubblico urbano. Quando ero ragazzo e poi giovane (ma, confesso anche oggi) era mia abitudine lasciare il posto a sedere alle donne e alle persone anziane. L’abitudine trovava origine sia nell’educazione familiare, ma anche in quella collettiva, ovvero in quella educazione che era la manifestazione di un comune sentire che esigeva conseguenti ed attesi comportamenti da cui non ti potevi discostare altrimenti incorrevi nella disapprovazione delle persone che erano presenti. In buona sintesi, la tua libertà comportamentale trovava, anche, un suo preciso limite nelle attese e nei desiderata sociali.
Oggi, mi capita spesso di utilizzare i mezzi di trasporto urbani e raramente (e nel dire questo, credetemi, sono molto ottimista) riesco a trovare un posto per sedermi, spesso i posti sono occupati da giovani completamente isolati e distratti che ascoltano musica da supporti del suono di vari modelli, oppure sono immersi nello scrivere e/o nel leggere nei e dai loro sofisticati telefonini messaggi, che sicuramente, debbo supporre, sono urgenti e indispensabili.
Ovviamente, l’ascoltare musica e il “messaggiare” nei mezzi di trasporto pubblici non sono prerogativa dei soli giovani; vi è una notevole imitazione anche nelle fasce dei cosiddetti adulti che normalmente non superano o superano appena l’aurora della mezza età. Anche questi “adulti”, che per età possiamo considerare i “genitori” dei giovani prima descritti, hanno i loro stessi comportamenti, ovvero si accaparrano i posti a sedere accendono i loro supporti musicali, smanettano sui loro cellulari, si isolano dal resto del mondo e affatto si interessano della presenza di persone che avrebbero più urgente necessità di sedersi.
Tale padre e tale figlio. Chi avrebbe dovuto educare i giovani al rispetto delle necessità altrui è egli stesso foriero di comportamenti irrispettosi nei confronti della società.
Arroganza e disinteresse sono i presupposti comportamentali che costituiscono il tessuto connettivo di una società che ha perso il rispetto di se stessa perché è stata educata e, di conseguenza, educa all’egoismo e al tornaconto e che nel far questo è sempre pronta a reclamare diritti (tali o presunti) ma cerca di disconoscere i doveri di appartenenza. Sì doveri di appartenenza ad una certa collettività, fosse anche la collettività, limitata e provvisoria, delle persone che accidentalmente si trovano ad usufruire insieme di un mezzo pubblico.
Perché, io che mi interesso normalmente di economia, scrivo di queste cose? Forse perché l’economia che viviamo è molto simile nella sostanza a questi inurbani comportamenti nei mezzi di trasporto urbani.
Debbo però confessare che il tutto prende origine da un fatto che mi ha particolarmente colpito. Ho preso la metropolitana alle sette del mattino, anche a quell’ora non ho trovato posto. Viaggiavamo in piedi solo quattro persone. Nella fermata successiva sono salite due donne di cui una in evidente stato di gravidanza. La donna che accompagnava la futura mamma si è avvicinata ad uno studente (aveva i libri) che ascoltava l’inseparabile musica ed era comodamente seduto e gli ha chiesto la gentilezza di far sedere l’altra signora. Il giovane “gentilmente” si sposta una delle cuffie e afferma di non aver capito. La signora ripete la richiesta. Il giovane rimettendosi a posto la cuffia dice: “Sono salito prima” e resta seduto. Una signora anziana che viaggiava in piedi si avvicina al giovane che “gentilmente” risposta la cuffia e gli dice: “Tu non sei maleducato, tu sei ineducato”, ma nel dire questo si ferma pensosa e poi continua: “Sicuramente tu non conosci la differenza tra maleducato e ineducato” e nel dire questo volge lo sguardo verso tutti i presenti. Tutti restano seduti solo un signore di oltre mezza età cede il posto. I giovani e quelli all’aurora della mezza età, senza distinzione di sesso, continuano a sentire musica, a scrivere messaggi o a leggere il giornale, però solo quello che non costa niente.