Strano che nessuno finora abbia tirato fuori la celebre canzone di Venditti, che proprio al Liceo Giulio Cesare scopriva negli anni che furono una coscienza popolare, la rabbia che porta via, il coraggio e i vari viva la libertà. Ed è incredibile che dopo tanto tempo siamo ancora lì, allo stesso punto, ad attaccarsi a colpi di manifestazioni “fasciste” e “antifasciste”, che oggi si chiamano omofobe, mentre le altre restano sempre libertarie.
Però le manifestazioni e gli insulti non c’entrano niente con il caso Giulio Cesare, ovvero la denuncia di due associazioni cattoliche perché in classe gli insegnanti facevano leggere il libro di Melania Mazzucco Sei come sei, nomen omen, ovvero, se sei gay riconoscilo e rivendicalo. Lettura benemerita, di più, utile per “parlare di famiglie di nuovo tipo e omofobia”, dice la preside, che aggiunge “noi facciamo educazione”. Incalza il sindaco, Ignazio Marino, figuriamoci, convinto che “uno degli obiettivi che bisogna continuare a perseguire sia la diffusione della cultura, a partire dalla scuola, che riconosca la parità di tutti”.
Peccato che l’educazione qui non entri proprio niente. Che non risulta nel sopraddetto liceo si verifichino solitamente pestaggi e insulti all’indirizzo di presunti studenti omosessuali, e anche in questo caso, forse un dialogo con operatori professionali, sessuologi, psicologi, quel che volete, sarebbe stato più utile. L’educazione al rispetto della diversità sessuale non significa leggere in classe, una classe di minorenni, brani pornografici, perché di questo si tratta, descrizione minuziosa di un rapporto orale di un giovane calciatore col suo mister. È ben vero che i ragazzi ne sapranno più dell’autrice, ma forse i genitori, trattandosi di minori, hanno il diritto di ritenere inappropriata la lettura, senza preavviso.
Capisco che limitarsi a Manzoni, Calvino o Pavese che dir si voglia suoni antiquato e bacchettone, in un liceo classico, e che la Mazzucco meriti di essere annoverata nello stesso pantheon. Capisco soprattutto che le famiglie ancora una volta sono messe totalmente fuori gioco, che quella famosa alleanza scuola-famiglia che sta nei principi cui l’istruzione si ispira sia lettera morta. Capisco che da ogni parte c’è la proposta, l’invito, l’istigazione a vivere la sessualità in una prospettiva omosessuale, diventata la nuova bandiera dei diritti e della libertà. Che il concetto di natura, di ragione, che l’evidenza non sono materia di riflessione e dialogo. Che sulla pelle degli adolescenti, imbambolati da una propaganda lobbista e astiosa, si combatte ancora una battaglia ideologica e politica.
Certo, quando si evoca la censura e la si è messa all’indice dei libri, la reazione delle coscienze si inalbera, la verità e la giustizia sembrano stare da una parte sola. E chiunque osi obiettare, criticare, denunciare risulti conservatore e di più, fascista. Abbiamo già assistito alla strumentalizzazione di un uomo buono e attento alla persona, come papa Francesco.
Dobbiamo assistere inerti all’instillazione goccia a goccia perfino nelle scuole materne di un’educazione alla sessualità che fa ritenere le coppie gay perfino più amorevoli e adatte a crescere un figlio di quelle arroccate a difendere la famiglia naturale. I comuni, invece di sostenere le famiglie, che svolgono oltretutto un prezioso ed economicamente vantaggioso ruolo di sussidio al carente welfare statale, le spremono e le trascurano, come retaggio di una visione del mondo antiquata e nemica del progresso. Si aprono registri inutili legalmente per matrimoni omosessuali, si ergono a modelli e interpreti del sentimento comune i coraggiosi che fanno coming out davanti alle telecamere, e proprio per questo hanno la strada spianata nei talk show e nei reality televisivi.
Lo sappiamo, e se ci pieghiamo a offuscare la mente credendo che sia una moda, che alzare la voce non valga la pena, che scegliere il tono minore sia meglio, ci sbagliamo davvero. Ne va della nostra concezione dell’uomo e della realtà, della libertà di giudizio e di espressione, di una cultura che va difesa e riproposta come la più umana e dignitosa.
L’omofobia non centra niente. I gay facciano le loro scelte, ci sono leggi per tutelarle e per colpire qualunque lesione ingiuriosa o violenta. Ma i bambini, e i ragazzi, almeno finché il modello di un nuovo stato etico non sarà stabilito dalla Costituzione, lasciamoli alle famiglie e alle agenzie educative che queste scelgono. Ci sarebbe anche la scuola. Libera davvero, secondo i principi della sussidiarietà e dell’autonomia. La libertà di educare non possono togliercela. Per questo, vale la pena non lamentarsi, ma gridare, scendere in piazza, votare con criticità e coraggio, spurgando questa sacrosanta battaglia di trincea da presunti compagni di strada, che opportunisticamente vogliono usarla per un’ideologia uguale e contraria. Guai a mischiarsi con le intemperanze di estrema destra. Abbiamo la forza di centinaia e migliaia di famiglie, non solo per contrastare un’informazione faziosa, un corpo docente spesso silente e asservito ai poteri dominanti, ma soprattutto di parlare, fino allo sfinimento, con i nostri figli.
Non siamo noi i pazzi, i diversi. Se non lo diciamo forte e chiaro, finiranno per credere anche loro che libertà è fare quel che ti pare, che il genere sessuale è un’opzione come un’altra, che un pompino nello spogliatoio di una palestra è un atto d’amore.