Camilluccia, Roma nord, strada e quartiere tranquillo, nel verde, zona dorata, di ambasciate, ville e residenze di politici, manager, magistrati. Abbondano le auto di scorta, i presidi della polizia. Ma è anche il quartiere della casa madre di don Luigi Orione, dove si accolgono e curano tanti ragazzi con difficoltà, dove si allenano tutti i ragazzini a calcio e a pallavolo, nei suoi bei campi tra i prati di Monte Mario. Camilluccia bistrattata, dal momento che dalla cosiddetta alluvione di gennaio i suoi accessi restano limitati e difficoltosi, con lunghe code che fanno imprecare contro le lentezze dell’amministrazione comunale. Ma stamattina era peggio del solito, al supermercato ci si lamentava degli autobus fermi, di vie sbarrate, qualche incidente, ma grosso, per tutto ‘sto traffico.
Poi, il tam tam tra i negozi della piazza, le suore dell’asilo, i passanti. Hanno sparato a un uomo, no, sono due, uno è morto, l’altro ferito grave. C’era un pregiudicato, in una stradina privata di quelle che offrono tranquillità e riservatezza. Ideale per ospitarvi un pregiudicato in libertà condizionata, per trattenerlo ai domiciliari. In mezzo a case di gente perbene, tranquilla, che possa rischiare la vita con brivido, una volta almeno. Proprio lì l’hanno raggiunto i sicari, per un regolamento di conti, perché non parlasse più o perché aveva troppo parlato. Lui è colpito al petto ma fa in tempo a reagire, pare davanti alla cugina che lo ospitava e alle sue due bambine, spara, colpisce, anche se non mortalmente. Uno dei killer cade sanguinante, gli altri presi dal panico lo mollano, scappano su un’auto che abbandonano sul ciglio della strada pochi minuti e pochi chilometri dopo.
Silvio Fanella, 41 anni, è la vittima designata: coinvolto nel processo per la maxitruffa Fastweb-Telecom Italia Sparkle. Ricorderete Gennaro Mokbel, imprenditore e amico di potenti, che pare fosse la mente del raggiro, condannato a 15 anni. Fatture false tra le società di tlc ed esponenti della criminalità, appoggiato a fittizie società in paradisi fiscali, soldi riciclati in brillanti, e questo Fanella sarebbe stato il braccio, il “cassiere”. Però la storia si infittisce e si tinge di giallo e di noir: perché è spuntato il nome della famigerata banda della Magliana, poi una supposto ruolo del faccendiere nella fuga di Dell’Utri, e il citato Mokbel coi suoi amici sarebbe organico alle fila dell’eversione della destra estrema, anche se lui smentisce, specificando che semmai era cresciuto nel circolo Bakunin… Non stupirebbe, i bacini sono comunicanti.
Nella capitale è caccia all’uomo, si cercano gli assassini in fuga, si cerca di capire. La gente sospira, scuote la testa, scettica sulla possibilità di arrivare al vero, rassegnata alle sparatorie in pieno centro, come avviene spesso negli ultimi anni, incline ad attribuire ogni male a quelle chiamate genericamente “mafie”, anche se la firma è albanese o calabra, cinese o campana o romana verace, come i protagonisti idolatrati dei piccoli e grandi schemi usciti dalla penna di De Cataldo, il Freddo e il Dandy, il Libanese, solo che lo scrittore è anzitutto un giudice, e non deve aver inventato del tutto.
Chi è un po’ più vecchio rivangherà con paura gli anni degli attentati rossi e neri: proprio a pochi passi dalla sparatoria odierna c’è l’incrocio su cui venne impallinata l’auto su cui si trovava Aldo Moro, dove persero la vita gli uomini della sua scorta; altri venti passi e c’è la lapide e la piazza intitolata a Walter Rossi, un ragazzo ucciso dall’eversione destrorsa, mentre i muri di questo pezzo di Roma sono tappezzati perennemente da manifesti in memoria di, in onore di, foto di giovani con montature grandi e riccioli sulle spalle, dagherrotipi di un tempo lontano, ma che ha lasciato troppe ferite e ricordi amari, vogliosi di vendetta.
Qualcuno adombra trame politiche anche in questo regolamento di conti d’inizio estate, sarà la fama del quartiere, appunto, o gli apparentamenti a movimenti di destra dei coinvolti, qualcun altro parla di macchina del fango, come tuonano gli esponenti di Casapound, smentendo qualunque responsabilità di loro aderenti. La politica non centra, infatti, qui si ammazza senza neppure le coperture ideologiche, come a Kabul o in una favela di Rio. Ci sono logiche e padroni che travalicano la politica, le fanno un baffo. La politica semmai è tirata in ballo per la sua insipienza, per la sua arrendevolezza, per la retorica di cui si ammanta ad ogni festa nazionale e ad ogni manifestazione antimafia. Per poi restare basita, a disquisire tra Camera e Senato di cavilli mentre ci si spara per le strade. Per sfilare nei trasgressivi cortei del centro, ché quelle sono le emergenze vere della gente.