Al via l’inchiesta che ha portato agli arresti domiciliari un vigile urbano di Roma. L’agente è accusato di tentata concussione per aver cercato di farsi consegnare 2.000 euro dal proprietario di un immobile in ristrutturazione, minacciandolo che, in caso di mancato pagamento, sarebbero state fatte pesanti sanzioni amministrative. Ne parla il quotidiano “Il Messaggero”. A questa si aggiungono altri casi, che non sono stati compiuti tutti dallo stesso vigile: le pratiche finite sotto sequestro, effettuato dai carabinieri di via In Selci su delega del pm Erminio Amelio, sono almeno una decina. Di conseguenza il funzionario indagato non è l’unico a non rispettare la legge. Le inchieste aperte in Procura per indacare sugli altri casi dei caschi bianchi corrotti sono diverse. Tutte hanno in comune lo stesso metodo: la richiesta di mazzette, ottenute con minacce e ricatti. Il primo caso risale a giugno del 2011, quando i fratelli Bernabei, imprenditori di Trastevere, hanno denunciato quattro vigili urbani con l’accusa di concussione. Pochi mesi fa, un altro caso: stavolta un agente in pensione con la complicità di un collega in servizio al IX gruppo che hanno obbligato un commerciante a pagare una tagente, dietro la promessa di aiutarlo a salvare il locale dal verbale elevato dalla Asl. Entrambi sono finiti in manette. «Un fatto di ordinaria amministrazione, di cui vi sono repliche in quantità nella città», aveva detto il gip, definendo l’ennesimo episodio di concussione. (Serena Marotta)  



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