Il Papa ha ricevuto oggi 7mila bambini della “Fabbrica della pace”, che lo hanno accolto cantando “We are the world”. Papa Francesco ha riposto il discorso preparato e ha preferito rispondere alle 13 domande che gli hanno fatto i bambini, domande aventi per tema la pace e la guerra, il carcere e la malattia. «Dove non c’è giustizia, non c’è pace», ha detto il Santo Padre, facendolo ripetere in coro ai bambini e spiegando loro che nel mondo non c’è pace perché i potenti guadagnano con l’industria delle armi. Un bimbo egiziano che vive nella periferia di Roma ha chiesto al papa “perché le persone potenti non aiutano la scuola”. Ecco la risposta del papa: «Perché tante persone potenti non vogliono la pace? Perché vivono delle guerre, l’industria delle armi è grave! I potenti guadagnano la vita con la fabbrica delle armi e vendono le armi a questo e quel paese: è l’industria della morte, ci guadagnano. Voi sapete che la cupidigia ci fa tanto male, la voglia di avere di più, più denaro: e quando vediamo che tutto gira intorno al denaro, che il sistema economico gira intorno al denaro e non intorno alla persona, all’uomo e alla donna, si sacrifica tanto, e si fa la guerra per difendere il denaro. E per questo tanta gente non vuole la pace: si guadagna di più con la guerra, i soldi, ma si perdono le vite, la cultura, l’educazione, si perdono tante cose. Un anziano prete che ho conosciuto anni fa diceva: il diavolo entra per i portafogli, per la cupidigia, e per questo non vogliono la pace». Un altro bambino di nove anni, costretto sulla sedia a rotelle e che presto andrà a Lourdes, dopo aver proposto a Jorge Mario Bergoglio di guidare il treno che lo porterà a Lourdes, ha chiesto: “Cosa è la pace?”. «La pace – ha spiegato il papa – è prima di tutto che non ci siano le guerre, ma anche che ci sia la gioia, l’amicizia tra tutti, che ogni giorno si faccia un passo avanti per la giustizia, perché non ci siano bambini affamati, malati che non abbiano la possibilità di essere aiutati nella salute. Fare tutto questo è fare la pace. La pace è un lavoro, non è uno stare tranquilli, lavorare perché tutti abbiano la soluzione ai problemi, ai bisogni che hanno nella loro terra, nella loro patria, nella loro famiglia, nella loro società: così si fa la pace, artigianale». La pace «non è un prodotto industriale, ha proseguito, la pace è un prodotto artigianale, si costruisce ogni giorno con il nostro lavoro, la nostra vita, il nostro amore, la nostra vicinanza, il nostro volerci bene. La pace si costruisce ogni giorno». Tra i temi trattati dal papa anche la risposta ad un ragazzo detenuto a Casal del Marmo, che ha inviato a papa Francesco questa domanda: «La risposta ai ragazzi come me spesso è il carcere, lei è d’accordo?». «No – ha spiegato Francesco – non sono d’accordo»: serve «l’aiuto a rialzarsi, a reinserirsi con l’educazione, con l’amore, con la vicinanza, ma andare alla soluzione delle carceri è la cosa più comoda per dimenticare quelli che soffrono. Vi do un consiglio», ha detto il Papa ai bambini: «Quando a voi dicono che quello è in carcere, ditevi voi stessi: anche io posso fare gli stessi sbagli che ha fatto lui. Tutti possiamo fare gli sbagli più brutti, non condannare mai, aiutare sempre ad alzarsi e a reinserirsi nella società». Poi l’argomento si è spostato sulla malattia dei bambini, per rispondere a Rafael, un ragazzino latino-americano che ha sofferto di problemi al cuore: «C’è ragione per la quale un bambino, senza fare niente di cattivo, possa venire al mondo con i problemi che ha avuto? Questa domanda è una delle più difficili a cui rispondere: non c’è risposta. C’è stato un grande scrittore russo, Dostoevskij, che aveva fatto la stessa domanda: perché soffrono i bambini? Si può soltanto guardare il cielo, aspettare risposte che non si trovano». (Serena Marotta) 



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