La sera del 7 maggio, l’Accademia Filarmonica Romana ha chiuso la propria stagione con uno spettacolo in memoria dei vent’anni dalla morte di Adriana Panni (una delle principali animatrici culturali dell’Italia nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale e anima oltre che protagonista della Filarmonica: una rappresentazione in forma di concerto de L’Histoire du Soldat di Igor Stravinskij, suo grande amico, con altre musiche di quegli anni del compositore russo. In tal modo si celebrava anche la ricorrenza dell’inizio della prima guerra mondiale.
Suo figlio, il direttore d’orchestra Marcello Panni, concertava un ensemble di Roma Sinfonietta. Al pianoforte anche Giuseppe Modugno. Corrado Augias era il narratore; non leggeva il testo del poeta svizzero Charles- Ferdinand Ramuz ma estratti da libri sulla Grande Guerra di Antonio Gibelli e di Gabriel Chevallier. In breve un pastiche di lusso.
Igor Stravinskij , sempre profondamente anti-comunista anche in quanto i Soviet avevano espropriato tutti i beni suoi e della sua famiglia, aveva lasciato la Russia alle prime avvisaglie della rivoluzione sovietica ma proprio cento anni fa aveva portato in Francia la musica tradizionale russa con quel Le Sacre du Printemps che causò notevole scalpore a Parigi ma trionfò a Montecarlo, prima, e nel resto d’Europa, poi.
Con la prima guerra mondiale sul suolo francese, emigrò povero in canna in Svizzera dove componeva lavori proprio allo scopo di girare per città e villaggi a costi bassissimi: comporta un attore – voce recitanti (nelle versioni più elaborate – ne ricordo una alla Piccola Scala nel 1980 , una di Peter Sellars che ha girato in vari Paesi e negli Usa attorno al 1995, una all’Orchestra Sinfonica di Roma nel 2011 ed una prodotta dal Teatro dell’Opera di Roma nel 2013- vengono utilizzate marionette) e un ensemble di sette strumentisti (violino, tromba, clarinetto, fagotto, trombone, percussioni, contrabbasso).In breve un esemble mai utilizzato prima di allora e mai ripreso successivamente . L’Histoire du Soldat è’ una micro-opera. Verso schemi simili andò Britten dopo la seconda guerra mondiale a ragione delle sempre maggiori difficoltà di allestimento di opere tradizionali che il compositore preconizzava a causa delle crescenti restrizioni economiche e dell’aumento di offerta in altri settori (cinema, televisione, viaggi).
Comunque ebbe ‘la prima esecuzione assoluta’ non nella piazza di un villaggio ma all’Opéra di Losanna, una elegante sala con palchi e gallerie nel settembre 1918, a guerra terminata.
Oggi alcuni compositori italiani e stranieri stanno tornando verso “opere da camera” e “micro-opere”. L’ Histoire è, quindi, lavoro che apre un solco nel “Novecento storico”: l’abbandono delle opere post-romantiche e veriste con enormi organici ed il ritorno all’opera da salotto della Camerata Bardi. Il musicologo Giovanni Gavazzeni ricorda un altro aspetto importante de L’ Histoire: è il lavoro con cui Stravinskij effettua una sbalorditiva virata al periodo russo alla poetica neoclassica sino ad approdare in vecchiaia alla dodecafonia in un’operina per la televisione finanziata da una casa di dentifrici.
La trama è di un’innocenza al limite dell’ingenuo ma i versi di Charlez Ramuz messi in musica da Stravinskij ne fanno un’ironica ma profonda considerazione sulla condizione umana. Oppure una parabola: il diavolo, subdolo ed ingannatore che promette ricchezza e felicità al povero soldatino, riesce da ultimo a farlo cadere in trappola. E’ anti-comunista perché il diavolo è – lo ha detto lo stesso compositore – il Soviet che tutto promette e nulla dà. Attenzione pochi sanno che Stravinskij, morto nella propria villa vicina a New York, chiese di essere sepolto in Italia per (lo è nel cimitero di Venezia) per essere vicino a Diaghilev (con cui aveva portato la musica slava in occidente e perché l’Italia era stata governata dall’unico politico – Mussolini!-. che aveva apprezzato e promosso la musica contemporanea). Nonostante la sua avversione al comunismo, era assolutamente apolitico, come rivela un’intervista data in Francia, durante il Fronte Popolare, in cui dice di “aborrire” la sinistra, “detestare” la destra e che il centro gli “fa semplicemente schifo”.
Nella versione presentata la suite da concerto del 1919, unitamente a altra musica di Stravinskij dell’epoca: ipiano rags (sempre del 1919), con cui importava in Europa il jazz americano, i tre pezzi facili per pianoforte a quattro mani del 1914-15, i tre pezzi per clarinetto solo (ancora del 1919) e l’étude per pianoforte del 1908 dedicato al suo maestro Vladimir Rmiskji-Korsakov. Una panorama quindi dello Stravinskij , che aveva messo dietro le proprie spalle Le Sacre du Printemps e si avviava verso nuovi orizzonti (ivi compresi quelli che avrebbero lasciato una forte impressione al Capo del Governo italiano) che avrebbe mostrato nei primi festival internazionali di musica contemporanea a Venezia.
Il grande Teatro Olimpico era affollatissimo. Marcello Panni, l’Ensemble e Giuseppe Modugno hanno offerto un’esecuzione appassionata e commovente. Ben scelte le letture di Augias. Ovazioni alla fine dello spettacolo.