A quasi vent’anni dalla morte (la notte di Natale del 1997), Giorgio Strehler debutta al Teatro dell’Opera di Roma, con Le Nozze di Figaro di Wolfgang A. Mozart su libretto di Alessandro Da Ponte.

Ovviamente, non si tratta di uno spettacolo nuovo: ha più di quarant’anni. Lo vidi nella primavera del 1976, quando la produzione apparteneva non al Teatro alla Scala (da cui il Teatro dell’Opera di Roma lo ha avuto in prestito) ma all’Opéra de Paris che, quell’anno, fece una ministagione alla Opera House del Kennedy Center di Washington, dove risiedevo. Quell’anno per celebrare i duecento anni dall’indipendenza degli Stati Uniti, a Washington si esibirono non solo le due compagnie della capitale Usa (la Washington Opera, che presentava in lingua originale, e la Washington City Opera, che offriva unicamente repertorio e sempre in traduzioni ritmica in inglese, ove non si trattasse di opere americane e britanniche) e di New York (Metropolitan Opera e New York City Opera) ma anche quattro dei maggiori teatri lirici internazionali con il meglio della loro produzione: la Scala di Milano, l’Opéra de Paris, il Bolshoi e la Deutsche Oper-Berlin).



Le Nozze erano state concepite da Strehler, e dai suoi collaboratori Ezio Frigerio per le scene e l’allora giovanissima Franca Squarciapino per i costumi, non per il Palais Garnier a Place de l’Opéra (allora l’Opéra Bastille era ancora nel grembo degli Dei) ma per il piccolo teatro di Corte di Versailles. Un teatro che aveva , ed ha, un impianto scenico settecentesco. Quindi, l’idea geniale: una scena costruita ma che si trasforma ed è edificata in un materiale particolarmente pregiato. Il primo atto (la stanza da letto di Figaro e di Susanna) in soffitta. Il secondo (la stanza della Contessa) al piano nobile. Il terzo nel salone delle feste al piano terra. Il terzo in giardino. Tutto nel corso di una Folle Journée in cui la mattina alcuni personaggi della vicenda (Conte, Cherubino, Marcellina ) vogliono finire in letti differenti di quelli a cui sono designati e la sera, grazie ad un marchingegno della Contessa e della cameriera Susanna, tutti finiscono sotto le lenzuola giuste. In effetti, il libretto di Da Ponte scevra la parte polemica . politica della pièce prerivoluzionaria di  Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais  per farne una grande commedia umana.



In effetti, Le Nozze di Figaro di Mozart è, con Il Barbiere di Siviglia di Rossini, Falstaff di Verdi e Die Meistersinger von Nürnber una delle grandi commedie in musica del diciannovesimo secolo. Sono capolavori immensi che si godo a tutte le età.

Mi si permetta un ricordo personale. Nell’inverno 1979, in una domenica fredda, ebbi l’idea di portare mia figlia e due sue amiche (tutte sugli 8 anni e frequentanti l’equivalente della terza elementare) ad una rappresentazione de Le Nozze alla Civic Opera in modo che sarebbero state occupate tutto il pomeriggio (tra l’altro stava iniziando una nevicata). Mia moglie sarebbe rimasta in casa con il secondo figlio di 18 mesi. Non sapevo che l’opera sarebbe stata rappresentata con un unico intervallo ed una durata complessiva di quattro ore. Naturalmente, nella seconda parte, le tre bambine mostrano segni di insofferenza e stanchezza ma la loro attenzione fu carpita dall’aria di Susanna Deh, vieni non tardar con cui inizia il travolgente finale. E restarono a bocca spalancata sino all’ultima nota.



Mi accorgo che non ho parlato della  produzione in scena a Roma sino al 3 giugno. Concerta Roland Böer, giovane e brillante direttore d’orchestra reduce di successi anche alla Scala. Il cast è anch’esso giovane. Nei ruoli principali, include Alessandro Luogo (Conte), Eleonora Buratto (Contessa), Markus Werba (Figaro), Rosa Feola (Susanna), Michaela Sellinger (Cherubino), Isabelle de Paoli (Marcellina), Carlo Lepore (Bartolo) e Matteo Falcier (Basilio). Ne parlerò a lungo sulla rivista Musica, anche on line. 

Da non mancare.