Anche se mancava dal 1998 dalle ‘stagioni’ della sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia Oedipus Rex di Igor Stravinskij (su libretto di Jean Cocteau tradotto in latino da Jean Daniéliou), è un frequentatore abituale dei palcoscenici e delle sale di concerto romani. Si ricordano ottime esecuzioni all’Accademia di Santa Cecilia alcuni nel 1996 e nel 1998 ed una all’Opera di Roma nel 2005 in un allestimento di lusso (regia di Luigi Squarzina, scene e costumi di Giacomo Manzù, concertazione di Zoltan Plesko). Ne ha presentato un’edizione scenica nel 2008, utilizzando con intelligenza gli spazi dell’Auditorium di Via della Conciliazone, l’Orchestra Sinfonica di Roma, purtroppo sciolta circa un anno fa.



Nella cultura francese il 1927 è ricordato come l’anno il cui il genio profilico e multiforme di Jean Cocteau (scrittore, poeta, pittore e regista di film di rottura) vide la prima di tre opere, su suoi libretti, messe in musica da tre dei grandi musicisti dell’epoca ed accolte dalla critica e dal pubblico con grande successo: Oedipus Rex di Igor Stravinskij al Teatro Sarah Bernard di Parigi, Le pauvre matelot di Darius Milhaud al Palais Garnier (ossia all’Opéra vera e propria) e Antigone di Arthur Honneger al Teatro de la Monnaie a Bruxelles. Delle tre, le seconde due sono opere vere e proprie, strutturate di una durata (peraltro non lunga) tale da occupare un’intera serata. La terza è di fatto sparita dalle scena. La prima e la seconda  sono tra i capolavori del teatro in musica del “Novecento storico” (il secolo appena trascorso ma già storicizzato sotto il profilo musicale). Sono diversissime, anche se ambedue articolate su due “gialli noir” – uno contemporaneo ed uno che si perde nella notte dei tempi che avvolge i miti. Il Matelot è ispirato alle ballate marinare. Oedipus è un oratorio in due atti (della durata complessiva di meno di un’ora) in lingua latina in 12 numeri collegati da un narratore (che recita nella lingua del Paese in cui l’opera viene messa in scena).



Stravinskij (1882-1971) è uno dei giganti del “Novecento storico”. “Oedipus” è una delle sue otto opere di cui solamente “The Rake’s Progress” (commissionata da La Fenice) ha la durata “normale” di un dramma in musica; in un’altra, nessuno canta; in due altre, la danza è più importante della voce e l’ultima venne concepita per la televisione (con intervalli per la pubblicità). Si va da lavori ispirati a leggende russe ed a musica russa (Rimisky-Korsakov era stato il suo maestro) alla musica elettronica e dodecafonica di quello per la televisione. Nella vita e nell’opera di Stravinskij (profondamente avverso al comunismo) l’Italia ha avuto un ruolo importante; nonostante abbia vissuto principalmente in Francia e negli Usa, ha chiesto di essere sepolto in suolo italiano- e riposa all’isola di San Michele nell’arcipelago veneziano.



Oedipus Rex viene considerata come l’epicentro del periodo “neo-classico” di Stravinskij: la lingua latina, la struttura a numeri chiusi, la severità stessa del lessico musicale militano per questa interpretazione. Secondo Leonard Bernstein in una serie di conferenze tenute nel 1973. Secondo questa lettura, Oedipus (riduzione fedele della tragedia di Sofocle) avrebbe un’ispirazione verdiana , e come tale sarebbe un omaggio di Stravinskij al grande compositore italiano il cui melodramma appare, ad un ascoltare superficiale, agli antipodi stessi della sua poetica

Alla Sala Santa Cecilia dal 27 febbraio al primo marzo, la direzione musicale del maestro finlandese Sakari Oramo un’impostazione verdiana: grande enfasi sul ritmo (a tratti eccessiva nell’accento sugli strumenti a percussione), tempi stringati, accento passionale (nella scena ed aria di Giocasta). 

Il coro è il vero protagonista musicale sotto il profilo vocale. fa veri e propri miracoli con la impervia (e faticosa) scrittura. Tra i solisti primeggiano i due due potragonisti: Edipo e Giocasta. Mati Turi che ha dato vita al medesimo ruolo al Teatro dell’Opera nel 2005 è un “tenore eroico” ancora di grande potenza vocale che affronta senza difficoltà un ruolo vocale interamente articolato sul registro di centro (come in molti ruoli wagneriani a cui è abituato). Sonia Ganassi conferma di essere uno dei migliori mezzo-soprani su piazza; in linea con la lettura “verdiana” della partitura, la sua è una Giocasta  anche sensuale, con cenni di coloratura e discese smaglianti vero le tonalità gravi. Di tutti gli altri particolarmente efficace  il giovane Simone Ponziani che nel ruolo del Pastore ha il difficile compito di reggere l’ultimo lungo numero dell’opera. Di livello il Creonte di Alfred Muff (che ha anche interpretato il ruolo del Messaggero. Suadente e subdolo il Tiresia di Marco Spotti Elegante il Narratore di Massimo De Francovich 

Per aprire la serata, è stata suonata la breve sinfonia n.22 di Franz Joseph Haydn  ‘Il Filosofo’ che , con la grazia, contrastava la tragica monumentalità di Oedipus. 

Molti applausi da parte di un pubblico che riempiva ogni ordine di posti.