La notizia che, dopo un mese di Roma, i sondaggi diano in caduta libera la Raggi, mi fa ricordare un vecchio desiderio. Vorrei che in prima pagina, ogni giorno, ci fosse la cronaca della giornata cittadina di uno studente, di un impiegato, di un professionista, uomo o donna che sia, giovane o grande che sia. Si potrebbe fare anche in versione on line: un video di vita quotidiana. Come quelli realizzati con le action cam fissate sulla fronte dei praticanti di sport estremi, ecco una cosa così. Perché vivere un giorno qualsiasi, a Roma, è uno sport estremo. Lo sport estremo, per un romano, di arrivare a scuola o in ufficio o in ospedale.
Non è polemica contro la Raggi o una reprimenda politica della serie “si stava meglio quando si stava peggio”. Parlo della giornata qualunque di un romano qualunque. Esci col sacchetto della mondezza in mano e, anche se il cassonetto è vuoto, non riesci a raggiungere il pedale per aprirlo. Ti si parano davanti due situazioni grottesche, ma entrambe maleodoranti. Se è passato da poco il camion che svuota i cassonetti automaticamente e meccanicamente, poiché in genere non c’è l’operatore ma solo l’autista, i sacchetti che prima erano sul marciapiede, rimarranno là: anzi, schiacciati dal cassonetto riposizionato dal braccio meccanico, formeranno una ciambella che non permetterà a nessuno di avvicinarsi al pedale, a meno di essere Tarzan. Sì, quello del film.
La seconda situazione grottesca è che il cassonetto dia la sensazione di essere esploso lasciando ovunque sul marciapiede sacchetti di spazzatura sventrati. In parte è dovuto ai gabbiani che infestano Roma dopo aver divorato gran parte dei passeri che erano tipici della città insieme ai piccioni. Uccisi i concorrenti, attingono direttamente dai nostri rifiuti. Se non sono stati i gabbiani, vuol dire che mani esperte hanno estratto i sacchetti dai cassonetti. Si tratta di veri e propri professionisti del riciclo non autorizzato. Girano con un passeggino come carretto, una stampella di ferro come gancio e un manico di scopa come bastone. Con la testa reggono il portellone aperto e con il bastone agganciano il sacchetto e lo aprono. Quello che serve lo caricano e il resto lo lasciano a terra. Nei pressi dei mercati rionali, questo rovistare non è più una professione ma una necessità. Qualche anziano fa la spesa così, tra quello che il mercato scarta. Ecco che il protagonista del mio video non riesce a trovare dove buttare la sua mondezza.
Il secondo siluro contro la Raggi è dato dal mezzo pubblico. Chiuse le scuole, si sa, il traffico si decongestiona, e gli autobus si svuotano. Penseresti che gli autobus e le metro arriveranno prima. Invece no, fanno ritardi peggiori e abissali. Anzi, non arrivano per nulla. Su Twitter ci sono gruppi interi che lo raccontano. Ti avvisano già dal display. Si chiamano “paline” e ti dicono che tra te e un sedile di plastica con un po’ d’aria condizionata ci sono, per esempio, 22 fermate. Ventidue fermate che ti dividono dal tuo autobus vogliono dire 40 minuti/un’ora di attesa sull’asfalto bollente.
Perché? Sono possibili solo ipotesi. I mezzi sono pochi perché i turni di ferie degli autisti non permettono di coprire totalmente il servizio. Oppure, ci sono molti autobus rotti: non c’è manutenzione e quindi se si rompe l’aria condizionata non li fanno girare. Ci sono poi ipotesi che non si possono scrivere: riguardano la corruzione, l’ostruzionismo di chi paventa ripulisti aziendali. Una cosa tipo: non funziona una porta? E io mi fermo con l’intero treno. Un signore ha un giramento di testa? Scendiamo tutti fino a che non arriva il vigile urbano. Cose così. Tante cose. Alcune lecite e altre no.
Possibili tutte, perché a Roma tutto è possibile. Come, per esempio, scrivere un articolo sulla crisi della Raggi senza fare i nomi di Paola Muraro, l’assessora ambiente. O Marco Rettighieri. O l’Ama. O Stefano Esposito, di Torino, per tre mesi assessore dei trasporti e @mercuriopsicopo implacabile fustigatore su Twitter.
La vera verità? È che Roma, la città eterna, la caput mundi, è così bella da farsi sempre perdonare tutto per quanto è bella. Però è dura da viverci e seleziona solo i più resistenti alle patologie. Virginia, ce la farà?