Caro direttore,
frequento la pineta di Castelfusano dagli anni ottanta, quando mi trasferii a Roma da un quartiere della periferia milanese, nella zona di Lambrate, dove fin da bambino avevo apprezzato la bellezza di vivere a contatto stretto con un “polmone verde” come il Parco Lambro. Dal balcone di casa mia il panorama includeva, oltre al Centro sportivo Schuster (in cui si allenava il Milan prima della creazione di Milanello) e i capannoni della Innocenti dove lavorava mio padre, l’immensa foresta (nei miei sogni di bambino) di un Parco che solo negli anni settanta, non a causa di incendi ma per la costruzione del quartiere Vip di Milano 2, ridusse di molto il mio immaginario infantile.
La scoperta di Castelfusano ne costituì un ritorno, pure amplificato visto le maggiori dimensioni, ed arricchito dalla presenza della villa del poeta latino Plinio il Vecchio: ma soprattutto ciò che mi colpì fu che quest’altra “selva” era abitata da una grande quantità di animali (volpi, cinghiali, eccetera) che però risultava difficile incontrare negli infiniti sentieri che lo formavano, oltre a costituire il paradiso del pino mediterraneo, quella secolare pianta che contraddistingue molte foto turistiche di Roma. Le passeggiate, dapprima da solo o con amici, poi con altrettanti amici a quattro zampe, erano fino a poco tempo fa lo stacco non solo dalla quotidianità della giornata, ma anche da un sostanziale microclima che garantiva, vista la fittissima vegetazione, temperature più fresche accompagnate alla volte dai venticelli che provenivano dal mare, dove la “foresta” cede pian piano il terreno ad una macchia mediterranea che finisce nelle dune di sabbia prospicienti le spiagge, rese famose da alcuni registi del cinema italiano e sopratutto da uno degli attori da me preferiti fin da ragazzo: quell’Ugo Tognazzi che poteva passare tranquillamente da Molière alla commedia all’italiana, ma sopratutto ai fornelli, con la stessa grandissima creatività: vi costruì un villaggio che ancora porta il suo nome.
Questa bellissima favola ebbe il suo primo brusco cambiamento anni fa, quando un grande incendio si mangiò ettari di parco: le responsabilità del sicuro dolo non vennero mai completamente accertate, ma la paura di perdere una riserva di così grande importanza e soprattutto così frequentata dai romani, oltre alla promessa di un rimboschimento effettuato purtroppo malissimo (senza alcuna apparente conoscenza tecnica) e sopratutto di una sorveglianza continua effettuata sia da telecamere che da postazioni fisse della Forestale, contribuirono a progetti sempre rimasti sulla carta e mai attuati. La loro realizzazione avrebbe permesso un intervento più rapido e proficuo a contenimento del disastro attuale, che si è mangiato ben un quarto dell’estensione di Castelfusano, con una quantità industriale di incendi, in gran parte dolosi, attribuiti una volta ad individui mitomani, altre ad una vera e propria mafia dedita al controllo della prostituzione che dilaga nelle strade che attraversano la riserva. A Questo bisogna aggiungere la presenza di accampamenti clandestini e zone, prospicienti l’arteria della Cristoforo Colombo (che collega il centro di Roma al mare), dove esercitano “ragazzi di vita” nell’arco dell’intera giornata, zone che opportunamente le centinaia di habitué del parco evitano di frequentare.
Unico deterrente, se così si può chiamare, è la presenza di Polizia a cavallo e ogni tanto di quella urbana che però non poteva fare nulla.
E così, complice anche l’eccezionale ondata di caldo che ha di certo aiutato l’espandersi del fuoco, ecco che una serie di incendi hanno messo in risalto la drammatica situazione di un ex paradiso ecologico che l’incuria e il menefreghismo delle autorità “competenti” hanno aiutato non poco.
Ora l’intera zona è pattugliata sia da Polizia che militari, l’accesso proibito per decreto della sindaca Raggi (pure quello in ritardo e discutibile, visto che i frequentatori del parco costituiscono un deterrente agli incendiari ed una sorveglianza continua nell’opera di prevenzione dei tanti focolai che continuano a sorgere). Però, almeno per ora e con un po’ di anni di ritardo, la massiccia sorveglianza promessa è arrivata… nel deserto di Castelfusano.