Una situazione eccezionale. Che però deve far riflettere sul futuro. Sul modo di sviluppare i centri urbani ma anche sulle strutture tecniche che sono chiamate a pianificare il territorio, non sempre attrezzate in termini di personale e di tecnologia.

E che suggerisce di addestrare la gente ad affrontare circostanze come questa, con qualche esercitazione di Protezione civile. La Romagna sta gestendo ancora l’emergenza alluvione, ma bisogna cercare subito di far tesoro degli insegnamenti di un’esperienza così drammatica, sfociata in diversi casi nella tragedia.



Paride Antolini, presidente dell’Ordine dei geologi dell’Emilia-Romagna, dà qualche indicazione su quali potrebbero essere le priorità, le prime cose da fare. Magari attingendo anche ai fondi del Pnrr. I finanziamenti restano anche in questo campo un problema.

Presidente, l’eccezionalità della situazione è sotto gli occhi di tutti. C’è il rischio che precipitazioni del genere diventino, se non una normalità, un’eventualità non così rara?



Da eccezionalità a normalità ce ne passa. I meteorologi dicono che sono situazioni che si possono ripetere in varie parti d’Italia e in base a come sono cadute le piogge negli ultimi anni mettono in guardia su questo pericolo. Bisognerà vedere effettivamente quali saranno i tempi di ritorno: un conto è se questi fenomeni avvengono ogni 200 anni, un conto se avvengono ogni 50. Sono unità di misura differenti.

C’è una valutazione da fare sul lungo periodo?

Se questo è lo scenario, è chiaro che la modellistica e tutta la pianificazione delle carte sul rischio alluvione devono prevedere anche questi momenti di elevato rischio.



Un rischio del genere per adesso non era previsto?

Abbiamo un’idrografia i cui argini sono calcolati per piovosità inferiori a quelle che si sono verificate: gli argini sono stati sormontati, e non di poco, ci sono stati 14 corsi d’acqua che sono andati in esondazione. È qualcosa che ha interessato un territorio esteso come mai prima, da Bologna fino a Rimini. Finora succedeva che fosse interessata un’asta fluviale, quindi si trattava di fenomeni locali. In questi casi si riesce a intervenire più celermente, anche riparando i danni. Ma stavolta è tutto diverso. Stiamo parlando, appunto, di 14 corsi d’acqua con varie rotture, l’allagamento di un territorio immenso. È tutto esponenziale.

E la situazione nel territorio collinare e montano? Cosa può dirci?

Abbiamo strade interrotte, case isolate, ancora non si è fatto un focus su quello che sta succedendo. La situazione è veramente drammatica, perché ci sono molte strade interessate da frane piccole e grandi. C’è una viabilità veramente a pezzi.

Al di là dell’eccezionalità degli eventi l’area colpita, per la sua conformazione, presta il fianco a fenomeni del genere?

Il territorio della montagna e della collina è formato da rocce tenere, argille, arenarie, sabbie, quando piove molto si saturano di acqua e il fenomeno franoso è molto facilitato. E la pianura è una pianura bonificata, che è sempre stata oggetto, da secoli, di continue bonifiche per sottrarre terre all’acqua, alle paludi e portarle all’agricoltura. Buona parte della nostra pianura è coltivata e abitabile perché esistono i consorzi di bonifica che fanno tutta un’operazione di trasporto delle acque a mare: si utilizzano le idrovore per innalzare le acque e poi buttarle a mare. Se non intervenissero i consorzi di bonifica, con la gestione delle acque alte e delle acque basse attraverso una fitta rete di canali, buona parte della nostra regione non sarebbe abitabile.

Si è tanto parlato della manutenzione del territorio: dal punto di vista degli argini e delle zone soggette a frane c’è una struttura che controlla la situazione?

L’Emilia-Romagna è sicuramente una delle regioni meglio organizzate da questo punto di vista. Premesso questo, ci sono ovviamente delle criticità: in “tempo di pace” tante volte mi sono lamentato chiedendo una migliore gestione del territorio. Si può sempre fare meglio.

I centri abitati convivono con i corsi d’acqua, sono vicini. Questa vicenda suggerisce anche che bisogna pensare a una diversa configurazione dal punto di vista urbanistico? Dobbiamo ripensare come sviluppare i centri urbani?

Dopo le grandi tragedie, e questa è una grande tragedia nazionale, si è sempre messo mano alla legislazione, alla normativa. E qui va ripensato qualcosa: è chiaro che non possiamo andare avanti con le stesse modalità di prima. Qualcosa andrà modificato sia nei comportamenti, sia nella gestione del territorio, con una maggiore consapevolezza anche dei cittadini. Occorrerà iniziare a fare anche delle esercitazioni per il rischio alluvioni: in talune circostanze si sono viste persone impreparate a determinati comportamenti.

Siamo ancora nella fase acuta dell’emergenza e certe valutazioni hanno bisogno di più calma, ma qual è secondo lei la prima cosa che bisognerebbe fare per prevenire o prepararci a situazioni del genere?

La prima cosa che mi viene in mente, da professionista, è sicuramente quella di potenziare gli uffici preposti alla gestione del territorio con altro personale, soprattutto geologi. Ma non solo. Queste strutture sono carenti di personale ma anche di tecnologia, che aiuta tanto. E in questo settore bisogna fare uno sforzo, perché quando arrivano i soldi per realizzare le opere saranno fatte anche dal privato, però, a monte, ci deve essere una struttura pubblica forte, efficiente e competente.

Mancano anche i finanziamenti per intervenire?

Come in tutti i settori, lo abbiamo visto anche nella sanità, il pubblico in questi anni è stato un po’ bistrattato. Magari ci sono finanziamenti per le grandi opere, ma qui sto parlando di finanziamenti per gli uffici tecnici preposti alla gestione della pianificazione del territorio. Occorre anche una diversa organizzazione degli uffici: un po’ meno protezione civile e un po’ più di pianificazione.

Da diverse parti si suggerisce di attingere al Pnrr, può essere una soluzione?

Sicuramente questo può dare una mano. Se dopo un evento del genere si riesce a dirottare qualche risorsa in più in questa direzione ben venga. La sicurezza del cittadino deve essere messa al primo posto.

Gli effetti di queste precipitazioni si sono visti anche sulle spiagge, che hanno cambiato la loro conformazione. Esiste un problema anche sotto questo aspetto?

Le spiagge vengono sempre più aggredite dalle mareggiate: l’acqua sta avanzando piano piano, millimetricamente, verso l’entroterra. Un fenomeno lento che quando si hanno questi fenomeni di burrasche particolari si vede più chiaramente.

C’è un fenomeno di avanzamento progressivo del mare? Comporterà quindi dei problemi anche dal punto di vista economico?

Sì purtroppo: la Romagna vive di turismo balneare e la costa ne risentirà.

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