Le tensioni nella maggioranza e la crisi in Ucraina, Romano Prodi a tutto tondo ai microfoni di Avvenire. L’ex primo ministro si è soffermato sulle fibrillazioni nel governo, con il Movimento 5 Stelle pronto allo strappo. Clima rovente registrato già da settimane, ha spiegato,  con i pentastellati in prima linea: “Non ho ancora capito se quella del M5s sia tattica o strategia. Marcare differenze rispetto alla linea del governo è un conto, procedere a una rottura vuol dire però mandare a un elettorato, già sbandato per la situazione globale che stiamo vivendo, un messaggio che disorienta ancora di più gli elettori stessi”.



Romano Prodi ha spiegato che gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da polemiche e contrasti personali fra i leader politici: “Diventa difficile fare previsioni”, ha evidenziato. Il problema è legato alle divisioni sempre più marcate, diventa difficile continuare a tenere tutti dentro e a costruire: “Le divaricazioni oggi ci sono in quasi tutti i partiti, anche dentro Lega e Forza Italia. E tutto questo porta anche a un possibile, ulteriore aumento dell’estensione nelle urne. Per paradosso il Pd, che è sempre stato un simbolo di lotte e di divisioni, è oggi quello più granitico”.



Romano Prodi: “Guerra? Voce Ue troppo flebile”

Romano Prodi ha poi analizzato la guerra in Ucraina, la situazione è estremamente rischiosa a cinque mesi dall’inizio. Riflettori accesi sul fronte energetico, Putin sta giocando come il gatto con il topo con i Paesi europei. Per l’ex primo ministro, il governo Draghi è molto ottimista, “spero dia motivato”: “Riterrei comunque utile preparare un piano, non obbligatorio, di consigli ai cittadini su come risparmiare energia: una forma di ‘persuasione amicale’”. Per Romano Prodi, è difficile arrivare a una crisi senza un accordo tra Usa e Cina: “Si può fare poco senza di loro. Per ora non vedo però passi avanti”. Non manca una critica al ruolo dell’Unione Europea, la sua voce è ancora troppo flebile: “C’è stato il necessario e giusto fronte comune nello schierarsi militarmente a sostegno dell’Ucraina, ma la stessa unione non c’è sulle sanzioni, sulla politica energetica. E quando non si è uniti sulle politiche complementari, diventa difficile ritagliarsi quel ruolo di pacificatore che per la Ue dovrebbe essere proprio”.

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