Fanno riflettere le parole pronunciate da Romano Prodi ad anni di distanza dalle privatizzazioni poste in essere dal suo primo governo, tra il 1996 e il 1998. Quella scelta politica, dettata dalla necessità di rivitalizzare le casse agonizzanti delle partecipazioni statali, è stata spiegata dal “Professore” con una versione che farà storcere il naso a quanti già non ne possono più delle ingerenze di Bruxelles, ma che in fondo rappresentava un “segreto di Pulcinella”. Ospite qualche giorno fa di Lucia Annunziata a “In mezz’ora in più”, l’ex leader dell’Ulivo ha spiegato:”Le privatizzazioni? Erano obblighi europei…Scusi, a me che ero stato a costruire l’Iri (Istituto per la Ricostruzione Industriale, ndr), a risanarla, a metterla a posto, mi è stato dato il compito da Ciampi – che era un compito obbligatorio per tutti i nostri riferimenti europei – di privatizzare…”.



ROMANO PRODI, “PRIVATIZZAZIONI? CE LE CHIESE L’EUROPA”

Prodi è tornato ancora una volta sul punto ribadendo il concetto che quella di privatizzare non era una sua precisa volontà politica, anzi:”Quindi, si immagini se io fossi contento di disfare le cose che avevo costruito…ma bisognava farlo per rispondere alle regole generale di un mercato nel quale eravamo. Un compito non gradevole, ma andava fatto…”. Non è la prima volta che Prodi parla delle privatizzazioni come di una decisione politica “sofferta”, per usare un eufemismo. Dopo il crollo del ponte Morandi gestito da Autostrade per l’Italia, bene pubblico che fu trasferito ai privati, il Professore rispose così alle polemiche:”Assisto a un dibattito incredibile su ciò che è successo negli anni ’90. Preferisco starne a distanza, ognuno dice la sua e molti non sanno niente di quello che accadde allora. Fu il governo Ciampi nel ’93 a chiedermi di impostare un programma di privatizzazioni da capo dell’Istituto. In seguito ho dovuto gestirlo, parzialmente, da premier. Ovviamente, nessuno nel ’94 poteva sapere che sarei andato a Palazzo Chigi due anni dopo”.

Leggi anche

ELEZIONI EMILIA-ROMAGNA 2024/ Da Dossetti a Schlein, quello scambio tra post-Dc e Pd che non muore maiL'ERA TRUMP/ Meloni e Draghi volano a Budapest, Mattarella insedia Prodi a Pechino