In casa Partito Democratico è iniziata la transizione per il dopo-Letta. Reduce dalla debacle alle Politiche del 25 settembre, il segretario ha già annunciato di non ricandidarsi ma è in corso una vivace riflessione su quello che sarà il Pd del futuro. C’è chi chiede di cambiare nome, chi di riflettere suoi programmi e chi, ancora, accende i riflettori sulle alleanze, tra M5s e Terzo Polo. Romano Prodi ha le idee chiare sul da farsi: “Il Pd va cambiato, dinamizzato, proiettato, ma scioglierlo sarebbe come ripudiare la mia vita, una specie di suicidio, e non ho ancora una volontà suicida”, le sue parole ai microfoni di Repubblica.
Secondo Romano Prodi i rapporti con il Paese vanno ricostituiti, la prima mossa da fare è comporre una linea politica che riporta segretario e vertici dem vicino alla gente. A tal proposito, l’ex primo ministro ha ricordato il suo “modus operandi” ai tempi dell’Ulivo: “Quando ci venne l’idea dell’Ulivo, ho girato quattordici mesi con un pullman. I primi tre mesi mi hanno preso come un cretino, ma dai e dai, la gente partecipava, partecipava, partecipava. Questa è democrazia. L’Ulivo non era populista ma non era elitario”.
ROMANO PRODI: “”
Riflettendo sulla politica italiana, Romano Prodi ha spiegato che la crisi dei partiti tradizionali ha prodotto una situazione unica. L’ex premier ha citato le “rising star” che a un certo punto esplodono – da Renzi a Salvini – e ha ribadito che la politica deve andare in profondità: “E non lo si può fare con prevalenza di cattolici né di comunisti, bensì mettendo insieme i diversi riformismi con un programma riformista. E poi ci vuole una legge elettorale che non induca in tentazione coloro che detengono il potere, ora decidono loro chi deve diventare parlamentare. Io sono per il doppio turno alla francese, che può ricomporre l’Italia. È una posizione isolata anche nel Pd, ma mettendo insieme nella seconda votazione coloro che sono omogenei, si può creare una maggioranza che duri cinque anni”. Tornando al voto del 25 settembre, Romano Prodi s’è detto convinto che se Letta avesse avuto più tempo sarebbe stato convincente. Per quanto riguarda il correntismo dem, ha evidenziato che in un partito le correnti devono esistere ma ci vuole un legame di solidarietà: “Non è che fai un partito esterno. Lo vediamo in questi giorni nel partito conservatore inglese dove le correnti si stanno massacrando. Poi ci vuole solidarietà di fondo”.