Se c’è stata una voce che più di altre ha espresso la bellezza, la gioiosità, la promessa della gioventù, questa è stata quella di Ronnie Spector, la cantante leader delle Ronettes, gruppo tutto femminile (e di colore, cosa non da poco per quell’epoca storica, i primi anni 60, dove la separazione razziale era in piena voga) composto con la sorella maggiore Estelle Bennett e la cugina Nedra Talley. Erano giovanissime anche loro, appena diciottenni, e nelle loro voci fresche e appena un po’ sexy esprimevano se stesse e quell’epoca di grandi sogni inaugurata dal JFK. Gli anni 60 si spalancavano davanti, forieri di sogni e di promesse inimmaginabili fino a pochi anni prima quando l’America era un paese diviso col sangue tra bianchi e neri, incentrato sul boom economico, sulla promessa di una casetta, un lavoro fisso e una lavastoviglie per tutti. Di questo e niente altro di più dovevano accontentarsi i giovani americani, i boomers. Ronnie Spector, grazie all’incontro con il genio malato di Phil Spector, il più grande produttore e arrangiatore di canzoni della storia del 900, e la sua generazione invece volevano di più e indicarono a tutti i ragazzi americani che sì, era possibile divertirsi, una parola tabù in quell’America moralista che si stava preparando a mandarli a morire in Vietnam.
La lista dei loro successi nelle mani abili di Phil Spector è lunghissima: Be my baby, Baby, I love you, Walkin’ in the rain, So young, I saw mommy kissing Santa Claus e dozzine di altri. Nel 1965 le Ronettes furono votate in Inghilterra il terzo miglior gruppo pop dopo Beatles e Rolling Stones, loro che erano americane.
Ma quello che sembrava una favola magica, si rivelò, nella miglior tradizione rock, un incubo. Phil e Ronnie cominciarono a frequentarsi quando lui era ancora sposato. Una volta divorziato, andarono a vivere insieme per sposarsi nel 1968. Insieme, i due avrebbero adottato tre figli. E qui Ronnie scoprì l’orrore che si nascondeva dietro il genio. Cocainomane all’ultimo stadio, le proibì di esibirsi e incidere dischi, sottoponendola a torturare psicologiche fino al punto da vietarle di uscire di casa chiudendola a chiave. Fece circondare la casa di filo spinato e guardie armate arrivando a far sparire ogni suo paio di scarpe per impedirle di fuggire. In soggiorno, Phil Spector fece mettere una cassa da morte dicendole che se avesse tentato di scappare l’avrebbe uccisa e deposta lì dentro. Lei, una notte, rischiando la vita, lo fece lo stesso scappando nella notte a piedi nudi. Ma intanto la situazione l’aveva fatta diventare una alcolizzata. Inoltre Phil Spector riuscì a proibirle di esibirsi cantando i suoi vecchi successi prodotti da lui. La causa durò circa dieci anni e solo nel 1988 Ronnie Spector poteva essere libera di essere nuovamente se stessa.
Mi capitò di intervistarla nel 2006, quando pubblicò quello che doveva essere il disco del grande ritorno, Last of the rock stars. Dentro, a cantare con lei, personaggi come Patti Smith e Keith Richards. La sua voce, resa roca dall’alcol dal fumo, era segnata irrimediabilmente da tanti anni di abusi. Eppure al telefono la sua gioia di vivere appariva incontenibile. Mi raccontò nei dettagli gli anni con l’ex marito, coprendolo di insulti e facendomi capire che il soprannome di “la cattiva ragazza del rock’n’roll” era adeguato. Era un fiume in piena, in pratica fece un monologo durato almeno mezz’ora. Si portava dentro cicatrici tali che l’avevano resa da quella ragazzina che deliziava l’America in una donna d’un pezzo, pronta a puntarti un coltello alla gola se l’avessi insultata o minacciata. Era commossa che gente come Keith Richards aveva inciso con lei quel disco, lo chiamava “il mio ragazzino”.
Veronica Yvette Bennett è morta ieri a 78 anni per via di un tumore. Si era risposata e aveva avuto tre figli. Phil Spector era già morto, in carcere, un paio di anni fa, dove si trovava condannato a 19 anni di detenzione per l’omicidio di una attrice.
La bella favola degli anni 60 era finita male, molto male. D’altro canto tutti i sogni si infrangono con la luce del sole. Restano le sue canzoni e i nostri sogni.