Elpidio D’Ambra: “Chiedo scusa ma non mi perdoneranno”
Elpidio D’Ambra, reo confesso dell’assassinio di Rosa Alfieri, ha parlato nel corso della sesta udienza del processo in Corte d’Assise di Napoli, “giustificando l’omicidio” dichiarandosi drogato e dicendo di aver sentito delle voci che lo hanno spinto ad uccidere. “Le voci mi dicevano di uccidere. Altrimenti mi avrebbero ucciso loro”, ha rivelato. È stata questa la incredibile linea di difesa dell’assassino che ha brutalmente ammazzato la ventiduenne di Grumo Nevano, strangolata nell’abitazione dell’uomo lo scorso primo febbraio.
Nell’Aula della Corte d’Assise di Napoli, dove è in corso il dibattimento per l’omicidio della ragazza, che secondo gli inquirenti sarebbe morta per essersi opposta a un tentativo di stupro, l’imputato ha dichiarato di essere sotto l’effetto di psicofarmaci che gli hanno cancellato alcuni ricordi. L’uomo ha chiesto scusa ai genitori della giovane per poi proseguire: “Ma so che non mi perdoneranno mai e hanno ragione”.
Elpidio D’Ambra: “Sentivo delle voci”
L’assassino di Rosa Alfieri, D’Ambra, ha poi raccontato: “La mattina del primo febbraio ha detto ho assunto mezzo grammo di cocaina insieme al mio datore di lavoro. Nella mia testa avevo voci come quelle che si sentono allo stadio. Nel pomeriggio ho preso un altro grammo di cocaina e mezzo di crack. Le voci nella mia testa si sono fatte insopportabili. Mi dicevano: uccidi, uccidi altrimenti ti uccidiamo noi”.
La linea difensiva adottata dagli avvocati di D’Ambra non ha convinto l’Aula. L’uomo ha aggiunto che quel momento, per le condizioni in cui si trovava, avrebbe ucciso chiunque. L’imputato avrebbe rilasciato tali dichiarazioni per smontare il movente, come spiega Il Mattino. L’ipotesi più accreditata infatti è quella dell’aggressione a sfondo sessuale. Incalzato dalle domande del pm della Procura di Napoli Nord Rossana Esposito, l’uomo ha risposto in dialetto: “Ma questa che vuole, non mi lascia mai parlare”, con conseguenti proteste da parte dell’avvocato civile Carmine Busiello e il richiamo del presidente della Corte.