È la notte tra il 29 e il 30 settembre 1975 quando per Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, 19 e 17 anni, inizia un incubo di sevizie e abusi sessuali che porterà alla morte la prima e segnerà la storia. Un inferno di violenze in una villa a un soffio dalla Roma bene in cui sono inseriti i tre assassini, Angelo Izzo, Gianni Guido e Andrea Ghira, i “pariolini” che strizzano l’occhio all’estrema destra e che presto finiranno al centro di una vicenda dalle tinte atroci e senza precedenti. È la storia del massacro del Circeo, un fatto di cronaca che si impone tra i più efferati e sconvolgenti e che non smette di tornare a galla in racconti, serie televisive e documentari che cercano di sondare l’abisso più profondo del male in cui è maturato questo crimine, come la fiction in onda oggi su Rai 1.
Soltanto una sopravvive alle 36 ore di torture e stupri, mentre l’amica trova la morte in modo atroce annegata nella vasca da bagno di quella casa che poi, si scoprirà, appartiene alla famiglia di uno degli aguzzini. Rosaria Lopez perde la vita al culmine di una notte e un giorno di violenze inenarrabili. Donatella Colasanti si salva perché capisce che da lì non si esce vivi. Per questo si finge morta, non reagisce nemmeno all’ultima sprangata sulla testa, e viene caricata insieme a Rosaria sul bagagliaio della Fiat 127 del padre di Gianni Guido, un mezzo allora in uso al giovane. Due corpi di cui i killer intendono disfarsi gettandoli chissà dove, ma solo dopo aver cenato in un locale nella Capitale. L’auto viene parcheggiata in viale Pola, nel quartiere romano Trieste. Nel frattempo Donatella Colasanti, intuito di poter avere una speranza, cerca di attirare l’attenzione facendo rumore. Qualcuno si accorge che in quel veicolo c’è qualcosa di strano: è un metronotte che passa, ascolta, infine lancia l’allarme. Donatella Colasanti riemerge dall’inferno e inizia a raccontare cosa è successo. Accanto a lei il cadavere dell’amica Rosaria Lopez, per lei, è chiaro, non c’è più nulla da fare.
Chi erano Rosaria Lopez e Donatella Colasanti vittime del massacro del Circeo
I tre “mostri del Circeo“, come vengono ribattezzati sulle cronache, sono sotto accusa. Testimone chiave Donatella Colasanti, che a processo viene assistita dall’avvocato Tina Lagostena Bassi portando alla condanna a carico dei killer che hanno massacrato lei e l’amica Rosaria Lopez uccidendo quest’ultima senza pietà. Le due ragazze, figlie di famiglie residenti nel quartiere popolare della Montagnola, incontrano i loro aguzzini qualche giorno prima del massacro, al bar della torre Fungo dell’Eur. È lì che Izzo e Guido propongono ad entrambe di incontrarsi per una festa. La trappola è scattata e indietro non si torna.
Il processo per il massacro del Circeo si chiude con la condanna di Izzo, Guido e Ghira. Quest’ultimo, però, grazie a una soffiata si è dato alla fuga e non sarà più rintracciato. Nel 2005, all’età di 47 anni, Donatella Colasanti muore per un tumore al seno. Poco tempo prima, in una intervista rilasciata a Donna Moderna, trova la forza di ricalcare l’orrore vissuto e fa un ritratto oscuro di Angelo Izzo, tornato ad uccidere nel 2005 dopo aver ottenuto la semilibertà e l’opportunità di lavorare in una comunità. Le vittime sono madre e figlia di 49 e 14 anni, Maria Carmela Linciano e Valentina Maiorano. Donatella Colasanti non ha mai creduto alla redenzione del killer: “Izzo non è un mostro vittima della follia. È qualcosa di peggio. Gli piace uccidere e gli piacciono i soldi. È uno che rifiuta di scontare la pena, che vorrebbe stare in galera come in albergo. Un mostro non si comporta così. Chi uccide perché è malato vuole pagare per i propri crimini, si pente, chiede addirittura di essere giustiziato. Izzo, no. È arrogante, fa male agli altri, non chiede mai scusa. È un assassino e basta”.