Alessandro Rosina, docente di demografia all’Università Cattolica di Milano, ha parlato del fenomeno di denatalità che affligge l’Italia ormai da alcuni decenni. L’esperto, intervistato da La Verità, ha evidenziato come nella maggior parte dei casi il non avere figli (o di averne soltanto uno) non sia una vera e propria scelta scelta. “Se quando arriva un bambino, la coppia riesce ad affrontare positivamente l’impatto sull’organizzazione familiare (senza dovere rinunciare al lavoro di uno de due) e i costi (senza esporsi troppo al rischio impoverimento), più facilmente tenderà a prendere in considerazione la possibilità di averne un altro”, ha affermato.



Il problema sta nel fatto che il nostro Paese non offre queste condizioni. “Quello che fa la differenza con l’Europa non è il numero medio di figli desiderati (intorno a 2), ma quello effettivamente realizzato. In Italia è pari a 1,25. Non è una scelta, ma una rinuncia”. Il professore, in tal senso, ha le idee chiare su quali siano le motivazioni che portano a questo fenomeno: “La carenza di politiche solide ed efficaci va a rafforzare l’idea che avere un figlio non è considerato un bene collettivo su cui tutta la società investe, ma soprattutto un costo privato”.



Rosina: “Italiani vorrebbero più figli”. L’appello alla politica

Gli italiani, secondo Alessandro Rosina, vorrebbero più figli, ma nell’attesa che il contesto generale di incertezza diminuisca, mettono in sospeso la decisione, finché quest’ultima non si trasforma implicitamente in una rinuncia, in quanto è passato ormai troppo tempo. Le conseguenze, in un futuro non troppo remoto, potrebbero essere disastrose. “Siamo il Paese che maggiormente rischia di trovarsi a metà secolo con un rapporto di 1 a 1 tra popolazione in pensione e lavoratori. A un certo punto bisognerà semplicemente ammettere di essere entrati in una fase di irreversibile declino e non rimarrà altro che gestirne i costi sociali”.



È per questo motivo che il docente di demografia chiede al Governo di intervenire immediatamente. “Serve la migliore combinazione tra l’uso delle risorse di Next generation Eu, l’attuazione delle misure integrate previste nel Family act, un clima del paese che torni a essere incoraggiante verso le scelte del presente che impegnano positivamente verso il futuro”. Soltanto in questo modo è possibile invertire il trend, soprattutto dopo i momenti bui vissuti. “Va colta la discontinuità della pandemia per superare i limiti del passato e per iniziare una fase di sviluppo su basi nuove. I margini per farlo ci sono se si rimettono al centro i progetti di vita delle persone e la loro inclusione attiva e qualificata nei processi che generano benessere”, ha concluso.