Rossana D’Aniello, come è stata uccisa?
8 novembre 2003, Firenze: il corpo senza vita della 46enne Rossana D’Aniello, funzionaria di banca, viene ritrovato in una pozza di sangue, quasi decapitato, all’interno del suo appartamento di via della Scala dal marito, Paolo Botteri, di ritorno a casa con le figlie dopo una giornata di lavoro e di scuola come tante. Un delitto così efferato, ora protagonista di una delle puntate del Terzo Indizio su Rete 4, da riportare alla mente gli orrori del mostro di Firenze che tanto, in quegli anni, risuonano ancora tra le cronache locali e nazionali. Chi ha ucciso Rossana D’Aniello? Per l’omicidio viene fermata un’altra donna: Daniela Cecchin. Sarebbe stata lei, secondo la confessione e la ricostruzione poi fatta dagli inquirenti, a colpire a morte la vittima ritenuta in qualche modo sua “rivale”, un delitto maturato nel tessuto di una profonda invidia, come la stessa Cecchin rivelerà dopo l’arresto, per una esistenza felice.
Quando la polizia la ferma, riporta Repubblica, la donna ha ancora con sé la presunta arma del delitto: un coltello piuttosto comune custodito nella borsa. Per l’omicidio, in primo grado Daniela Cecchin viene condannata a 30 anni di carcere, pena ridotta a 20 anni nel 2008, ricostruisce La Stampa, perché ritenuta “affetta da un disturbo della personalità paranoide” al momento dell’omicidio.
Chi era Rossana D’Aniello, uccisa da Daniela Cecchin a Firenze
Rossana D’Aniello aveva 46 anni al momento in cui è stata uccisa. Brutalmente aggredita e sgozzata nel luogo più sicuro per antonomasia: la propria casa. Tra quelle mura, secondo quanto ricostruito sulla sua storia protagonista del Terzo Indizio su Rete 4, conduceva una vita tranquilla e riservata, sposata da anni con il farmacista Paolo Botteri e madre di due figlie. Un matrimonio senza ombre, diranno le cronache, in cui si sarebbe innestato l’orrore per mano di una donna che nemmeno conosceva.
Rossana D’Aniello lavorava come funzionaria in una banca e sarebbe stata assassinata l’8 novembre 2003 da Daniela Cecchin, di un anno più grande. Quest’ultima, stando alla ricostruzione compiuta in sede investigativa, avrebbe covato una profonda invidia per lei e per quell’esistenza felice e realizzata. Daniela Cecchin non conosceva la vittima, ma sarebbe stata in passato una collega universitaria del marito Paolo Botteri. L’unico che, durante il periodo trascorso alla Facoltà di Farmacia, si sarebbe mostrato gentile con lei mentre il mondo la ignorava. Un uomo su cui forse Cecchin avrebbe investito un pacchetto di aspettative sentimentali che, dall’altra parte, non avrebbero mai trovato riscontro, ma che le sarebbe rimasto nella mente fino all’atroce gesto.
Daniela Cecchin condannata per l’omicidio di Rossana D’Aniello
Daniela Cecchin sarebbe stata inchiodata da alcuni elementi sulla scena del crimine. Non ultimo il Dna che rimandava a una donna e alcuni indumenti, poi a attribuiti alla 47enne indicata dalle indagini come l’assassina di Rossana D’Aniello, avrebbe lasciato nella casa della vittima dopo essersi cambiata perché sporca di sangue. E poi un dettaglio: un giaccone di Paolo Botteri che, secondo quanto emerso, Daniela Cecchin avrebbe prelevato dall’abitazione forse per indossarlo e coprire così i segni dell’efferato omicidio durante il tragitto che l’avrebbe ricondotta alla sua vita di sempre.
Vicentina, 47 anni al momento del delitto, Daniela Cecchin era un’impiegata comunale apparentemente insospettabile. Il processo per la morte di Rossana D’Aniello si sarebbe concluso con una condanna a 20 anni di reclusione, dopo i 30 anni inflitti in primo grado. Al momento del fermo, il 14 novembre 2003, gli inquirenti avrebbero trovato nella sua borsa l’arma usata per colpire Rossana D’Aniello: un coltello. Avrebbe confessato poco dopo, sostenendo di aver agito per invidia nei confronti della 46enne. “Sono stata io – avrebbe dichiarato in sede di interrogatorio agli investigatori, riporta ancora La Stampa -. L’ho fatto per invidia, era bella e felice, lei e il marito, troppo felice. Per questo l’ho uccisa“.