Gli italiani, secondo un’inchiesta di Format Research e Sociometrica, non considerano quello di Draghi un Governo tecnico. Lo considerano un fatto politico nuovo con un’identità specifica. Per il 38% ha un’ispirazione di centrodestra e per il 21% di centrosinistra. Il dato interessante però è un altro: il 42% degli italiani lo considera un Governo riformista. Questa connotazione legata al percorso professionale del Presidente Draghi si è affermata recentemente in due occasioni. Il blocco della esportazione dei vaccini AstraZeneca e la sola apparente pacata presa di posizione manifestata nei confronti della von der Lyen e della Merkel. Parlando agli italiani, infatti, è stato chiaro: “Stiamo stimolando l’Europa, ma in mancanza faremo da soli”.



Stesso decisionismo è stato adottato per far nascere il Decreto sostegni: “È parziale ma il massimo che abbiamo potuto fare”. Con ogni probabilità questa affermazione è l’epilogo dello scontro tra la Sinistra e la Lega sul tema dello stralcio del magazzino dei ruoli. Si è riaffermata la mediocrità che caratterizza la politica emersa nell’ultimo anno. Nei dibattiti televisivi tutti a dire che siamo in guerra, ma alla prova dei fatti ognuno cerca di trarre vantaggio per il sondaggio della sera. Per il bene degli italiani sarebbe opportuno che questo Governo prendesse le distanze dai partiti che gli fanno da contorno. C’è il rischio che ogni occasione diventi una riunione di condominio dove l’intercalare diventa “bisogna mandare via l’Amministratore”. Questo Governo non ha alternative e deve durare fino al prossimo appuntamento elettorale. Non è un orizzonte lungo, ma può essere programmatico. Ecco perché gli italiani considerano riformista il Governo Draghi.



La polemica sulla rottamazione delle cartelle prevista dall’art. 4 commi da 4 a 9 è solo uno scontro tra ideologie e di basso livello. Chi lo osteggia chiamandolo condono e chi lo cavalca chiamandolo pace fiscale dimentica che l’idea nasce da una richiesta dell’Agenzia delle Entrate che in audizione al Parlamento aveva auspicato una rottamazione del magazzino dei ruoli. Si tratta di un magazzino per lo più inesigibile. La pulizia libererebbe risorse umane ed economiche per rendere maggiormente efficiente una macchina che deve inseguire un numero enorme di ruoli in parte inesigibili dal quale discendono costi e zero incassi.



Draghi ha chiaramente detto che la Riscossione in Italia ha fallito. Chi lo osteggia farebbe bene a prendersi una pausa di riflessione e farsi spiegare la norma introdotta. L’aver voluto un limite di reddito per usufruire della rottamazione denota ancora una volta mancanza di rispetto. Come si può pretendere che per beneficiare dello stralcio debba essere preso a riferimento il reddito del 2019 fino a 30 mila euro? Quella moneta non esiste più. Il 2020 ed il 2021 sono caratterizzati da un calo generalizzato del reddito. Quanto guadagnato nel 2019 è stato speso per vivere nel 2020 e in questi primi mesi del 2021. Non essendo più disponibile è un giusto metro per essere un discrimine?

Chi cavalca il provvedimento caratterizzandolo quale pace fiscale sottovaluta i cittadini. Quando la norma sarà metabolizzata apparirà evidente, anche se venisse approvata nella versione più ampia prevista in origine, che la platea dei beneficiari non sarà ampia. La norma, dunque, lungi dall’essere una pace fiscale per tutti, lo potrebbe essere per pochi. È un effetto naturale degli interventi generalizzati che portano aspetti positivi e qualche effetto collaterale. Del resto anche la campagna vaccinale si fonda sul presupposto che sono più i benefici del non farsi vaccinare.

Che questo sia il metodo è innegabile. Il nuovo contratto degli statali che ha portato a un incremento delle retribuzioni, che si aggiunge alla rivisitazione del bonus Renzi, portato da 80 a 100 euro, non è stato ancorato a un incremento della produttività della Pa. La verifica della produttività è stata annunciata, poi vedremo come sarà declinata. A oggi lo smart working degli statali non consente un pieno funzionamento della Pa. Un esempio viene dalle difficoltà di istruire le pratiche del superbonus edilizio. Molti Uffici tecnici comunali sono chiusi e nessuno accede ai faldoni per rilasciare le copie dei vari permessi di cui i beneficiari hanno bisogno.

Se ci fosse coerenza tra i politici avremmo assistito a qualche commento sul comma 10 che detta le regole affinché i ruoli arretrati siano cancellati ogni cinque anni. Questo comma è la prova del nove che non si tratta di condono e non è pace fiscale. Il provvedimento è solo il modo per prendere atto che ci sono crediti inesigibili inutili da inseguire. Bene invece l’art. 5 che prevede l’azzeramento, seppur selettivo, delle sanzioni legate ai controlli automatici per le annualità 2017 e 2018. Anche qui ci si limiti a richiedere l’imposta con l’interesse legale: non è il momento di richiedere sanzioni. Se non si è pagato c’erano problemi o di accesso al credito per cui ci si è autofinanziati attraverso la leva fiscale o non si poteva. Il Covid ha amplificato questi problemi per cui avanti con lo stesso metodo anche per il 2019 e per il 2020. La dilazione prevista dalla legge è già interessante.

Dobbiamo sperare che la politica impari dal Premier Draghi. Il pragmatismo che lo contraddistingue ha dimostrato la sua capacità di assumersi il peso delle decisioni. Vedremo chi minaccia di votare contro se lo farà. Al centro il Paese e non il sondaggio serale.

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