Alla fine, è sempre una questione di soldi. Quando un amore finisce si passa a vedere il saldo del conto corrente per stabilire a chi spetti di più, dimenticandosi l’amore, le promesse e il futuro radioso che si poteva avere. Carlo Calenda e Matteo Renzi ormai si sono lasciati ma mantengono un punto fermo, nessuno vuol mollare all’altro un po’ di quel denaro che al Senato il loro gruppo in comune dovrebbe gestire. Una ripicca e un ultimo motivo di litigio, minacciano di chiamare l’avvocato e portarsi in tribunale consapevoli che alla fine dovranno trovare un accordo per quella eredità misera che il Grande Centro lascia.
Morto per le evidenti discrasie strategiche il progetto dei “quasi Dioscuri” si è trasformato in una faida tra fratelli stile rusticano. Matteo ha ormai chiaro che l’unico approdo è la destra moderata in salsa centrista sposando Forza Italia attraverso la sua ex candidata Moratti, vera testa di ponte della nuova alleanza benedetta dai Berlusconi Brothers. Carlo ambisce a qualcosa di simile alla gamba centrista dell’Ulivo, sperando di essere Prodi, ma assomiglia sempre più a qualcosa tra Rinnovamento Italiano di Dini e Scelta Civica di Monti, una lista di moderati che si sentono illuminati che guarda a una “certa sinistra”, convinto di avere così uno spazio per tentare un’ipotesi di alleanza con lui alla guida. Insomma, Carlo e Matteo giocano sullo stesso fazzoletto di campo centrista e si pestano i piedi in continuazione destinati alla più furibonda delle lotte. Quella fratricida.
Sanno entrambi che il limite della loro esperienza politica, una volta divisi, sono le elezioni europee, che non possono più essere il lancio di qualcosa di nuovo e comune, ma la resa dei conti tra chi riuscirà a restare sulla scena e chi, sconfitto, inizierà un lento declino. La parabola è infatti segnata. Il centro si manifesterà in proporzioni tali da poter portare solo uno dei due a Bruxelles con addosso i galloni del vincitore. E a qual punto chi prendesse un voto in meno, o non facesse il quorum, sarebbe destinato al limbo.
Ora, se Renzi chiudesse la lista con Forza Italia e ci mettesse la sua faccia, potrebbe sfangarla, e Calenda, il solitario, senza più Matteo e con le sole sue forze, rischierebbe davvero grosso. Ma la politica insegna che solo i temerari hanno la possibilità di fare cose ardite. Ed i due ex amici per la pelle di certo non difettano di coraggio. Dote essenziale per gli aspiranti eroi. Perciò la loro lite sui soldi, sui gruppi al parlamento ed il posizionamento è solo la scaramuccia inziale a cui seguiranno le parole grosse. Con Carlo accomunato alla sinistra massimalista da Renzi e Matteo dipinto come uno svenduto al centrodestra per quelli di Azione.
Non sarà un bel vedere, come tutte le liti in famiglia, e non sarà uno scontro incruento. Ne faranno le spese quegli ipotetici elettori moderati che avrebbero apprezzato un equilibrato partito di centro con alla guida due moderati moderni e che invece si ritroverà a dover rispondere alla più imbarazzante delle domande: vuoi più bene a Carlo o Matteo? Il rischio è che la loro lotta li lasci soli, senza truppe ed elettori, confusi e disorientati, nel mentre i due papà del mai nato Grande Centro litigano su a chi spetti la lampada ricevuta in dono il giorno delle nozze. In fondo finiscono così tutti i grandi amori, litigando sul mobilio, i soldi e sulle speranze deluse.
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