Fabio Rovazzi ha potuto toccare con mano il dramma della pandemia di coronavirus, visto che il nonno è morto proprio a causa dell’infezione da covid. «La situazione nelle RSA era drammatica – racconta quest’oggi il noto artista attraverso le colonne de Il Corriere della Sera – ho vissuto mesi brutti combattendo contro cose assurde. Avrei potuto fare un post di divisione e attacco. Non l’ho fatto per rispetto del nonno e per non sporcare il nostro rapporto. Con i giorni ho capito che cercare il colpevole per una cosa imprevedibile come questa non era utile». Rovazzi ce l’ha in particolare con i Gilet Arancioni, che negli scorsi giorni sono scesi in piazza in quel di Milano, negando l’esistenza del coronavirus e creando assembramenti vietati, tra l’altro, senza mascherine: «Il caso dei gilet arancioni in piazza Duomo mi ha stupito. Non per le persone che ci sono andate ma per l’autorità che non si è fatta sentire. E quando qualcuno dice che il coronavirus non esiste lo prendo di petto. Impazzisco. Ho vissuto una tragedia da vicino».



ROVAZZI E LA NOVITA’ TWITCH: “MA QUEST’ANNO NIENTE TORMENTONI”

Anche per via di un periodo buio, quest’estate niente tormentore di Rovazzi, nonostante lo stesso sia di fatto uno dei re delle hit estivea grazie a successi come “Andiamo a comandare”, “Volare”, “Faccio quello che voglio” e “Senza pensieri”. «La quarantena è stata un periodo buio – commenta – non solo per l’assenza di stimoli ma per altri eventi drammatici che mi sono accaduti. La mia musica e i miei video sono sempre frutto delle sensazioni che vivo e quindi non mi sarebbe venuto un pezzo allegro. La gente adesso ha bisogno di vibe positive. Se ci avessi provato sarebbe uscito qualcosa di finto e la gente se ne sarebbe accorta». Negli ultimi mesi, grazie anche al lockdown, Rovazzi si è “reinventato”, divenendo un opinionista su temi d’attualità anche attraverso l’apertura del suo canale Twitch, piattaforma di streaming dei videogiochi in grande espansione: «Mi spiace quando vedo che quel mondo viene minimizzato e ridicolizzato. I videogame per alcuni pro-player non sono più un divertimento ma un lavoro che richiede allenamento, tecnica… Questo progetto per me è un modo per cercare occasioni di scambio con altre persone».

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