In Germania è allarme per l’RSV. “È davvero drammatico, siamo sovraffollati e stiamo cancellando gli ingressi di tutti i pazienti che possono essere rinviati”, ha affermato a Süddeutsche Zeitung un medico di un ospedale pediatrico di Monaco. I bambini che arrivano con febbre alta e tosse secca sono sempre più numerosi. I quadri clinici sono spesso avanzati, con difficoltà respiratorie notevoli. I posti letto, però, sono in esaurimento. In alcuni ambulatori i piccoli pazienti sono addirittura costretti a dormire con i genitori al pronto soccorso o nei lettini dei corridoi.
La curva delle infezioni non sembra al momento destinata a scendere. “L’anno scorso, l’ondata è iniziata in ottobre con un aumento senza precedenti dei casi di positività”, ha affermato Reinhard Berner, numero dell’ospedale pediatrico universitario di Dresda. “Quest’anno la situazione è ancora più drammatica, anche se varia molto da regione a regione”. A rischiare le conseguenze più gravi sono i bambini dagli zero ai quattro anni.
RSV, è allarme in Germania: i motivi dell’innalzamento della curva
In Germania ci si sta domandando il motivo per cui l’allarme RSV sia più drammatico degli scorsi anni. La ragione potrebbe essere da ricondurre alla pandemia di Covid-19 che ha caratterizzato il recente passato. A causa delle misure di protezione adottate durante questo periodo, infatti, molti bambini non hanno sviluppato l’immunità. “Le difese sono insufficienti in coloro che hanno meno di un anno”, ha evidenziato il dottor Reinhard Berner.
L’aumento della curva dei contagi, inoltre, è iniziato con largo anticipo. Il picco in genere è tra gennaio e febbraio, mentre quest’anno e quello precedente in autunno. “Molti bambini piccoli non hanno ricevuto né una infezione primaria né un richiamo a causa di mascherine, distanza, blocco e chiusura degli asili nido. Ora vediamo in genere due principali gruppi di età colpiti. Ci sono i bambini molto piccoli e poi i bambini dai due ai quattro anni che di solito non vengono più in ospedale, perché a quell’età hanno già avuto la loro seconda o terza esposizione al virus”, ha spiegato l’esperto.