La fuga in massa dei sei consiglieri di ITA ha aperto un vaso di Pandora che in qualche modo sta portando alla luce tutte le incongruenze di questi ultimi due anni e che hanno caratterizzato la nascita di ITA.

Partiamo dalle cose più semplici come ad esempio il call center. È notizia di qualche giorno fa che Covisian la società che gestisce il call center di ITA, abbia inviato la nota di recesso stante la difficoltà incontrata nel perseguire il proprio piano industriale. La fornitura del servizio da parte di Covisian si concluderà alla naturale scadenza della commessa e cioè il prossimo 30 aprile, dopo solo 6 mesi di attività. In sintesi, significa che il verbale di accordo del 21 ottobre 2021, che garantiva la continuità per i lavoratori impegnati sulla commessa ITA e cioè sia i 220 in Covisian, nonché gli altri 300 attualmente ancora in stand-by presso Almaviva e in attesa di essere ricollocati con cassa integrazione a zero ore da novembre scorso, non è considerato più valido. Tradotto: a Covisian prima dell’assegnazione della commessa sarebbero state fatte delle promesse (e non si sa da chi) per implementare l’attività anche al di fuori del contesto di ITA.



In particolare, Covisian avrebbe dovuto farsi carico di attività in continuità con la cosiddetta “Clausola Sociale” appesantendo di molto il proprio personale e quindi diventando in sostanza un contenitore al servizio di personale in stato di crisi, ma del tutto a favore delle casse dello Stato. Una situazione insostenibile che avrebbe portato Covisian in un tunnel dal quale difficilmente sarebbe potuta uscirne indenne e che ha determinato l’annullamento dell’accordo.



Ma nonostante tutto ITA non si scoraggia: infatti, ha fatto sapere che è impegnata per delineare un “piano di emergenza per garantire la massima attenzione e un alto livello di servizio al cliente, alle porte della stagione estiva 2022” e che è al lavoro per trasformare questa possibile criticità come opportunità per andare incontro al personale in questo momento in difficoltà. Tradotto: ITA con il bene placito di alcuni vorrebbe farsi il call canter in casa con almeno 200 addetti per fornire il supporto necessario alla propria clientela. Della serie tolgo dalla Cig o dalla Naspi circa 200 addetti li metto a lavorare e ci guadagno pure.



Altra tegola da superare per ITA sarebbero le assunzioni del personale di volo. La compagnia di Stato attualmente starebbe volando con un indice di riempimento molto basso, la media sarebbe di 70 passeggeri a volo, e i bene informati dicono che le perdite giornaliere sarebbero molto vicine ai 3 milioni di euro.

La flotta di ITA non è ancora arrivata ai circa 80 aerei previsti dal piano industriale, complice il fatto che più di qualche pilota ex Alitalia non ha voluto essere assunto in ITA. Da qui la necessità di forzare un po’ la mano ai cassaintegrati. In sostanza, un ex Alitalia verrebbe spinto ad accettare offerte alternative a qualsiasi condizione contrattuale, sotto la penalità di una decurtazione e di un taglio temporale dei benefici della cassa integrazione. Secondo alcune indiscrezioni, una richiesta in tal senso sarebbe stata avanzata pochi mesi fa dai vertici di ITA Airways al potente consigliere del Premier Mario Draghi, il Prof. Francesco Giavazzi.

ITA, infatti, è alle prese con una sensibile difficoltà nel reperire personale alle condizioni previste dal nuovo contratto, basti pensare che lo stipendio di un pilota di ITA è sensibilmente inferiore a quello offerto da compagnie low-cost come Volotea, EasyJet o Ryanair.

Ma il dulcis in fundo di questa storia riguarda l’aspetto della parte relativa al ramo di manutenzione e di handling. In attesa dell’ufficialità della cessione del ramo handling a Swissport senza la co-presenza di maggioranza di ITA (ricordiamo che ITA era stata autorizzata dall’Ue a prendere la maggioranza del ramo di azienda ex Alitalia di handling) che ha preferito non partecipare alla gara, qualche giorno fa alcune sigle sindacali hanno sottoscritto un accordo con la Ex Alitalia in AS per favorire un progetto chiamato “Progetto New Job”. È un progetto su base esclusivamente volontaria e gli strumenti messi in campo dovrebbero essere mirati alla riqualificazione e ricollocazione in ambiti lavorativi anche diversi dal trasporto aereo. Il progetto si dovrebbe concentrare sull’obiettivo di incentivare la ricollocazione attraverso lo sviluppo delle competenze ricercate dal mercato del lavoro locale, defiscalizzando e favorendo le assunzioni di personale in Cigs e Naspi, proveniente anche da amministrazioni straordinarie o grandi aziende del settore in crisi. Il meccanismo dovrebbe prevedere l’attivazione di un sistema di incentivi destinati alla ricollocazione presso aziende del settore e non, di tutto il personale che venisse a trovarsi inserito in programmi di Cigs concorsuale e privo dei requisiti necessari per accedere adun qualsiasi trattamento pensionistico nel corso di fruizione degli ammortizzatori sociali.

Ma perché Alitalia in A.S. si prende carico di siglare con il sindacato un progetto di tale portata dato che il suo obiettivo è quello di cedere gli assets di manutenzione e handling e quindi di licenziare il personale, non di tenerselo in casa?

Andiamo per ordine. Dei circa 7.800 dipendenti ex Alitalia, circa 3.800 riguardano i rami di handling e di manutenzione, e di questi almeno 800 sarebbero nelle condizioni di andare in pensione a breve scadenza. Il resto dei circa 4.000 rimanenti sono divisi tra personale di staff e personale di volo dei quali almeno 500 in procinto di andare in pensione.

ITA, però, oggi è alle prese con un programma di privatizzazione che nel piano industriale era previsto non prima dei 3 anni di attività. Swissport, infatti, avrebbe acquisito dall’Amministrazione Straordinaria AZ solo i rami di handling relativi a Milano Linate e Roma Fiumicino e si prevedono infatti circa 1.000 esuberi. Ciò significa che al momento non tutti gli ex dipendenti Alitalia di terra potranno essere ricollocati. Nell’aprile del 2017 il referendum per mettere in mano Alitalia a Delta non passò proprio perché i dipendenti di terra in blocco si opposero. La realtà è che lo zoccolo duro che comprende tutto il personale di terra è compatto, imprevedibile e quindi di fatto incontrollabile. Qualora anche uno dei 3.000 ex-dipendenti AZ di terra non dovesse essere ricollocato sarebbe guerra sindacale senza esclusione di colpi. Ecco quindi che è necessario correre ai ripari con progetti di questo tipo, che sono solo degli specchietti per le allodole, ma che di fatto rendono le trattative meno complicate dal punto di vista di cosa mettere sul tavolo sul piano della contrattazione.

Ecco quindi che i dossier che devono essere aperti dai vari pretendenti di ITA sulla privatizzazione prenderebbero altre forme. Con questo progetto ITA sarebbe di fatto sgravata nel farsi carico della forza lavoro di Alitalia e quindi nella perdita di anzianità, diritti maturati, ecc. per i dipendenti passati dalla vecchia alla nuova compagnia. Il “Progetto New Job” sembra essere proprio un tentativo di mettere una toppa anche a questo grosso problema.

Ma perché il Presidente di ITA Alfredo Altavilla sta spingendo sulla definizione in tempi così rapidi della cessione di ITA a MSC-Lufthansa?

Facciamo un passo indietro. MSC è un colosso dei trasporti navali. La divisione navi da crociera può contare attualmente su 19 navi solo due delle quali sono state costruite da una nostro cantiere e cioè Fincantieri, il resto sono state costruite da STX o da AKER in Francia. La divisione cargo di MSC produce circa 25 milioni di TEU all’anno con quasi 600 navi e oltre 100.000 dipendenti. Possiedono la SNAV e grandi Navi Veloci e fattura circa 38 miliardi di dollari all’anno.

A parte il figlio di Aponte che è quello che ha i contatti con Altavilla, l’uomo forte di MSC è Soren Toft, un danese che è cresciuto in Maersk come Presidente di Europa e Asia al Porto di Amburgo ed è proprio lui che ha i contatti con Lufthansa. 

MSC Crociere, in epoca pre-pandemia aveva sottoscritto con Chantiers de l’Atlantique un contratto per la costruzione di 3 navi da crociera a bassa emissione di carbone (alimentazione GNL) per un valore di oltre 6,5 miliardi di euro di cui due già in costruzione e un accordo per arrivare a costruirne altre 4/5 tra il 2030 e il 2050 con oltre 50 milioni di ore di lavoro full pari a circa 5.000 posti di lavoro per il tessuto della regione francese della Loira.

Il Covid-19, però, ha impattato anche sui cantieri navali che stanno realizzando le navi di MSC e che potrebbe contribuire al posticipo anche di altre navi. MSC aveva anche preannunciato in un proprio financial report che nei mesi a venire la compagnia intende conservare il più possibile la propria liquidità (ad esempio, posticipando investimenti non prioritari), rafforzare la propria posizione finanziaria (tramite rinegoziazioni di accordi con i finanziatori, con le export credit agency e con l’emissione di nuovi strumenti di debito).

MSC Crociere rivela anche di aver ricevuto dalla casa madre MSC Mediterranean Shipping Company Holding SA un supporto finanziario tramite un’iniezione di liquidità pari a circa 222,5 milioni di euro (di cui 172,5 milioni attraverso un prestito non rimborsabile fino ad aprile 2027 e altri 50 milioni nell’ambito dell’acquisizione di Bluvacanze) Il tutto per fare fronte alle perdite dovute sostanzialmente al Covid.

Nel paragrafo dedicato alle nuove navi in costruzione la compagnia fondata da Gianluigi Aponte specifica infine che con Fincantieri ha ordini per due navi classe Seaside, la Shore che è stata consegnata a luglio dello scorso anno e che entrerà in flotta a novembre di quest’anno, e la Evo che è attualmente in costruzione (prezzo totale 1,78 miliardi di euro).

Ora vediamo il futuro di MSC Crociere per quanto attiene le nuove costruzioni e consegne. MSC ha ordini verso Fincantieri per altre quattro navi da crociera di lusso con consegna previste a partire dal 2023 (prezzo totale 1,96 miliardi di euro), più opzioni per ulteriori due unità in consegna a fine 2026 e giugno 2027 (al prezzo unitario di 494 milioni di euro).

Adesso però proviamo a lavorare di fantasia: e se Altavilla fosse andato da Aponte e gli avesse proposto un accordo magari per risparmiare sugli ordini attuali e poi per far girare la costruzione di tutte le future navi da crociera a Fincantieri a prezzi calmierati in cambio dell’acquisizione di ITA, forte magari di una copertura del Governo? Allora sì che il coinvolgimento di MSC troverebbe un senso, e Lufthansa di fatto sarebbe solo la ciliegina sulla torta per dare all’operazione un senso industriale e dire “abbiamo un partner industriale forte che potrà gestire bene la compagnia“. 

In realtà per Aponte, ottimo e capace industriale, ma che di aerei ne sa poco o nulla se non quando gli servono per trasportare le merci, ITA sarebbe solo uno strumento per risparmiare sulla costruzione delle sue navi, in un momento di forte difficoltà di cassa, il resto sarebbe comunque, come detto, demandato a Lufthansa. Per Aponte minimo sforzo massimo guadagno. Altavilla quindi starebbe cercando di accelerare il percorso di privatizzazione proprio perché c’è un concreto timore che il Governo non arrivi a fine mandato o che Mario Draghi decida di lasciare anticipatamente per andare alla guida della Banca Mondiale e di chiudere definitivamente la pratica sull’attuale legislatura. 

Ma i bene infornati dicono che tutti questi problemi non stiano portando molta acqua al mulino del Presidente Alfredo Altavilla, e che la sua gestione da “padre padrone” non stia riscuotendo un certo consenso in special modo negli ambienti politici che contano. Infatti, oltre a Fratelli d’Italia che con il vicepresidente della Camera dei Deputati Fabio Rampelli ha già fatto sapere al Presidente Altavilla che ne gradirebbe le immediate dimissioni, c’è anche quell’ala più democristiana del Pd e dei centristi che non si riconoscerebbe molto in questa presidenza. E si sa i democristiani, in questo Paese, hanno ancora potere e un discreto seguito e sanno molto bene come gestire i dossier particolarmente delicati.

Chissà se magari il Prof. Giavazzi per togliersi qualche mal di testa di troppo, questa volta prenda la palla al balzo delle dimissioni dei 6 consiglieri della compagnia aerea di Stato, e non tiri fuori dal suo cappello a cilindro un bel coniglio pasquale, che azzeri il CDA e metta ITA in mano a qualcun altro.

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