La Russia sta ancora guadagnando con le esportazioni di petrolio verso paesi terzi, un mercato in crescita che non è stato arginato dai provvedimenti internazionali come il tetto massimo al prezzo e le sanzioni. Da un’analisi del centro ricerche per l’energia CREA, condivisa dal giornale Politico, sono emersi dati che dimostrano come i proventi di queste vendite stiano ancora alimentando in gran parte le spese per la guerra, annullando qualsiasi sforzo occidentale, fallito a tal punto da spingere il governo ucraino a rinnovare la richiesta di aumentare le restrizioni e garantire maggiori controlli.



Nonostante l’ultima decisione presa in occasione del G7, che doveva limitare ulteriormente il tetto a massimo 60 dollari, il tentativo di far rientrare il costo per mantenere le forniture stabili non è riuscito. Questo perchè per Mosca sembra essere molto facile aggirare qualsiasi misura, grazie anche alla collaborazione di altre nazioni che si riforniscono dalla Russia per la materia prima. Il trasporto infatti, è effettuato su navi intestate a compagnie occidentali, e i traders quindi possono stabilire un prezzo più alto, fino a 70 dollari al barile.



Russia aggira sanzioni sul petrolio trasportandolo su navi intestate a compagnie occidentali

Le scappatoie della Russia per aggirare le restrizioni sulle esportazioni di petrolio e sul prezzo massimo imposto, sono molteplici. Dall’analisi pubblicata su Politico ci sono le conferme ai sospetti che da tempo vengono denunciati, in merito al trasporto della materia prima, che avviene su petroliere assicurate in paesi G7, poi venduta ad altre nazioni. Una volta raffinato, il petrolio raggiunge i mercati europei. Il risultato è che inconsapevolmente i consumatori finali occidentali acquistano petrolio russo alimentando indirettamente anche le spese per la guerra in Ucraina.



Per questo motivo, con i dati sull’aumento degli acquisti da parte dell’India, Kiev ha recentemente chiesto all’Unione Europea di limitare anche le vendite a dalla Russia a paesi terzi.  Questo potrebbe essere l’unico provvedimento davvero funzionante, visto che il tetto massimo non ha funzionato. L’indagine di Crea ha dimostrato che i 60 dollari al barile non hanno significativamente ridotto gli introiti di Mosca. Per una soluzione davvero efficace infatti, il costo dovrebbe arrivare a massimo 30 dollari.