La Russia, che da oltre un anno combatte una guerra contro l’Ucraina e, per certi versi, contro il mondo occidentale, sembra aver pensato ad una nuova strategia per aggirare le sanzioni. Dall’invasione, infatti, la reazione occidentale è stata quella di imporre pesanti sanzioni contro Mosca e il suo leader, Vladimir Putin, rendendo di fatto più complicato (e costoso) il commercio con gli altri attori internazionali.



Inizialmente, dopo le prime sanzioni, la reazione della Russia era stata quella di aumentare esponenzialmente i costi dell’energia, di cui era uno dei principali fornitori mondiali, dal gas al petrolio. Ne è scaturita una vera e propria corsa europea per trovare nuovi mercati dell’energia che limitassero ulteriormente il potere internazionale, ed ovviamente anche le entrate, di Mosca. Tuttavia, sembra che le pesanti ripercussioni immaginate dai leader occidentali, non si stiano affatto verificando, e contestualmente la Russia ha trovato altri modi per commerciare il suo greggio all’estero. Differentemente, invece, in quanto fornitore di gas è stato quasi completamente abbandonato dal mondo, anche per via delle modalità di fornitura molto più controllabili.



Come la Russia vende il petrolio all’estero

Insomma, sembra che la Russia sia riuscita nonostante tutto a scampare dalle ripercussioni maggiori delle sanzioni europee ed occidentali, trovando altri partner commerciali (che tuttavia non potranno mai sostituire l’Europa, soprattutto dal punto di vista del gas) ed altri mercati. Soprattutto attorno al petrolio russo si è creato un vero e proprio mercato nero, che seppur abbia ridotto in parte gli introiti russi, ha permesso al Cremlino di continuare a fatturare proprio sull’oro nero.

A parlare del mercato nero del petrolio della Russia è un articolo pubblicato su Politico Europe, che cita anche il parere di diversi esperti internazionali, tra funzionari ucraini (forse di parte) ed eurodeputati, oltre ovviamente agli addetti ai lavori. Il petrolio viene venduto a paesi che non hanno imposto sanzioni (come la Turchia e l’Azerbaigian), e lì viene mischiato ad altro petrolio acquistato altrove, raffinato e poi rivenduto all’Europa. Con questa mossa a guadagnare sono soprattutto gli intermediari, che lo vendono a prezzi maggiore del tetto imposto dal G7 (pari a 60 dollari al barile), avvalendosi anche del fatto che sia un mercato secondario. Contestualmente, però, la Russia, ben conscia di questo sotto commercio ha deciso di alzare le tassazioni sul petrolio, puntando ad incassare oltre 8 miliardi aggiuntivi, utili a sostenere i costi della guerra.